Vivere senza la televisione, ma poi…

acquarioNei tre anni passati a Bologna, se qualcuno dei miei coinquilini ne possedeva una, questa finiva con l’assolvere qualche altro compito rispetto a quello canonico, nonostante fossero tutte televisioni perfettamente funzionanti: la mia prima compagna di stanza la usava come mensola per i suoi libri e quaderni d’università; nella mia seconda casa c’era solo uno stereo che tenevamo costantemente acceso. Quando affittammo ad un terzo ragazzo, che si presentò con un gigantesco plasma in mano, offrendolo “a beneficio della casa intera”, gli rispondemmo di tenerselo pure in camera, che noi in salotto “non lo volevamo e non ne avevamo bisogno”; terza casa, via Mazzini, una prima piccola televisione era il servo muto per i vestiti della mia collega attrice, mentre una seconda televisione, gigante, nera, vecchio modello, troneggiava nel disimpegno come appoggia chiavi e cappelli. Ora, a Milano, il mio coinquilino ha una televisione in camera: prima di portarla qui dalla sua originaria Toscana, mi diceva quanto ne sentisse la mancanza. In effetti ogni tanto lui la guarda,specie se è solo in casa e se c’è un film sorprendentemente decente, ma per il restante 95% del tempo, se ci sono anch’io, la tv resta spenta: chiacchieriamo, cuciniamo, ci diamo consigli su pezzi teatrali, fantastichiamo di progetti futuri, ci vestiamo bene e ce ne andiamo per lo struscio milanese.

La televisione, quando vivo fuori, non mi interessa, non mi manca, non mi ricordo della sua esistenza. Non sento di essere dipendente dalla televisione, sono una persona libera! Poi…… torno a casa mia, a Reggio Emilia, per un paio di giorni…… e lì avviene la trasformazione, il demone del consumo televisivo si impossessa di me: non faccio neanche in tempo ad appoggiare la valigia sul pavimento del mio salotto, che sono già senza scarpe,stravaccata malamente sul divano, con una delle coperte di lana fatte da mia nonna sulle ginocchia, cervello in modalità “alce in coma”, con la mano prepotentemente ancorata al telecomando di Sky.

E da quel momento, guai a chi mi chiede come sto, com’è andato il viaggio, come stanno andando i miei spettacoli, la mia vita sociale, sentimentale,…. Voi non esistete, ora c’è Sky con me, ora tutto quello che mi propone (propina) Lui è immensamente più importante di voi: dalle sfide fra top-models, ai programmi sulle cucine “infernali”, dai reality strappalacrime tipo “Malattie Misteriose”, ai canali scientifici con special di “Megastrutture” o “L’ultimo sopravvissuto”. Film di ogni genere, le serie tv della mia adolescenza mandate e rimandate fino alla nausea, e ovviamente cartoni animati a gò-gò: “i Simpson”,“i Griffin”, “Futurama”, “American Dad”, “South Park”. Divento quasi isterica, lo ammetto, se qualcuno si avvicina per parlare, per avere una conversazione, se qualche amico mi chiama perché è un mese che non ci vediamo e si è tenuto il pomeriggio libero per passarlo all’aria aperta con me. Aria aperta? Passeggiate? Andare al cinema o a prendere un caffè e stare con altri esseri umani?

Nossignore, io necessito di almeno tre ore di “divanamento” violento e tv spazzatura! E nessuno può fare niente per farmi cambiare programmi. Non so perché succeda questo, non so perché mi succede solo quando torno nel mio nido, nella mia città natale, può essere che un generale senso di voglia di riposo e nullafacenza si impossessi di me, può essere che dopo mesi passati a concentrarmi, a fare le cose da sola, a lavorare e a impegnarmi artisticamente in progetti di qualità alta, mi serva un tuffo nelle immagini degradanti e nei programmi frivoli che la televisione offre.

Forse mi serve per ricordarmi che sono programmi, idee, messaggi, che non mi piacciono, che non voglio cadere nelle stesse squallide dinamiche di produzione, conduzione, ideazione artistica. Insomma: “guardando si impara”.

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