Mi scuso per l’espressione un po’ forte, ma rappresenta il mio essere e il mio quotidiano.
Non voglio fare un piagnisteo sulla disastrata situazione italiana o la pessima condizione femminile e giovanile. No.
Solo rappresentare un concetto economico in un mondo in cui se non ragioni lucidamente fallisci miseramente.Non ho cominciato per la disperazione di dover dare da mangiare ai miei figli (non ne ho), ma solo perché ho capito che poche erano le frecce nella mia faretra e le uniche richieste erano per la faretra appunto.
Finito il liceo, neanche male, mi si prospettava una scelta importante, l’università o il lavoro. Visti i costi della prima, ho propeso per il secondo. Risultato: barista, commessa o lavasederi. Mestieri onorevoli, niente da dire, ma non rispondevano ad una strategia di lungo periodo, infatti i primi due si basano sulla durata dell’avvenenza e il terzo sulla durata dello stomaco. E poi anche lì, una concorrenza selvaggia.
Mi è sempre piaciuto capire e interpretare allora ho pensato: mi iscrivo a psicologia, che mi interessa e poi investo su di me, e quindi per la parte economica mi svesto, ovvero la dò via.
Mi sono fatta due conti: dai 19 ai 30 anni, se non mi andava da schifo, senza correre pericoli potevo contare su un incasso di 200 euro al giorno per 200 giorni lavorativi, e quindi in 11 anni facevano 200 x 200 x 11 = 440.000 euro. Due terzi in spese restavano 150.000 euro, con un interesse medio del 4 % sulla media di 5,5 anni arrivavamo a 200.000 euro. A trent’anni una laurea, la prospettiva di un lavoro che mi piaceva e un piccolo capitale di base.
Ok, i conti, professionali ed economici, tornavano.
Discretamente mi sono informata e ho “tratto il dado”. Mi sono laureata con il conto economico più positivo dello stimato. Ho aperto uno studio nella mia città (l’altro è in un’altra). Qualche affezionato cliente mi ha dato una mano e con le introduzioni giuste ho una piccola clientela che il passaparola sta lentamente aumentando.
La crisi mi ha toccato, ma positivamente, i miei servizi psicologici sono richiesti (famiglie che scoppiano, giovani che vanno via di testa, anziani che vogliono parlare, un mondo di bisogni e di mode), gli altri anche, più l’ansia cresce, più sale la necessità di autostima e qual è il modo più rapido per averla?
Sentirsi urlare che sei il meglio, che mi mandi fuori di testa, in una parola che sei irresistibile. Da poco ho aggiunto clientela femminile di un certo livello e devo dire che è stato un boom. Perché racconto tutto questo? Non so, o forse troppo bene, certo non per giustificarmi, diciamo in sintesi: per ricordare che i conti, prima o poi, bisogna farli e se c’è l’oste è meglio.
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