Cosa vuole ciascuno di noi? Una macchina nuova? Il matrimonio pefetto? Mille euro in più in busta paga? Un lavoro migliore? Tante di queste cose, ma in fondo tutti ne desideriamo una soltanto: essere felici. Spesso pensiamo che una volta ottenuti certi oggetti o una volta raggiunti i nostri obbiettivi, ci sentiremo più felici. Le ricerche suggeriscono che le cose non stanno così.Il 37% degli uomini più ricchi d’America ha una felicità sotto la media, mentre chi guadagna oltre dieci milioni di dollari è solo leggermente più felice dell’individuo medio. La crescita della ricchezza nel mondo occidentale non ha prodotto significativi aumenti di felicità: anzi, le nazioni più felici continuano ad essere Nigeria, Messico, Venezuela.
Uno studio condotto in Germania non ha rilevato differenze significative nemmeno tra single e persone sposate e allo stesso modo né gli interventi di chirurgia estetica, né gli aumenti di reddito paiono produrre aumenti di felicità. Secondo i ricercatori questo dipende da un fenomeno chiamato “adattamento edonico” per il quale ad ogni conquista personale ristrutturiamo proporzionalmente le nostre aspettative, con il risultato di un aumento della felicità iniziale, destinato a spegnersi nel lungo termine. I grafici proposti da Clark e Diener mostrano infatti come gli individui ritornino ai loro livelli di felicità precedenti in meno di un anno di distanza da eventi felici come il matrimonio o la nascita di un figlio.
Fortunatamente questo processo funziona anche al contrario e ci consente l’adattamento alle circostanze, quindi la stessa capacità di ritornare ai livelli di felicità di base si può riscontrare su campioni di persone colpite da licenziamento, vedovanza o divorzio. A causa dell’adattamento edonico, sembrerebbe dunque impossibile ambire ad un aumento di lungo periodo della propria felicità media. La biologia infatti determina ampiamente il nostro umore, come dimostrano gli studi sui gemelli, ugualmente predisposti alla depressione, indipendentemente dalle condizioni di vita. Alcuni autori però sottolineano le analisi su campioni di immigrati, spostatisi da nazioni più “tristi” ad altre con valori di felicità più alti e rimarcano come questi abbiano rapidamente raggiunto il valore medio del cittadino di quel paese. Emigrare in Nigeria dunque potrebbe sembrare un’ottima soluzione!
In realtà, c’è molto che possiamo fare anche tra le mura di casa nostra. Infatti, se abbiamo visto che le circostanze non impattano la nostra felicità nel lungo termine, sono invece in grado di farlo i nostri comportamenti ed in particolare i nostri pensieri. Il dialogo interno che accompagna quotidianamente la nostra vita, spesso in modo incontrollato, può essere lo strumento più potente da governare per condurci verso la felicità.
Come disse Buddha infatti “tutto quello che siamo è il risultato di ciò che abbiamo pensato.La mente è tutto. Noi diventiamo ciò che pensiamo”. Non a caso, programmi specifici di addestramento alla felicità hanno dimostrato che con apposite tecniche ed esercizi quotidiani è possibile aumentare il proprio buon umore di una quota del 25%, che per alcuni autori può arrivare fino al 40% se praticata con dedizione e costanza. Questo ci fa capire che forse la gioia non sta in fondo al sentiero, là dove vediamo brillare i nostri desideri, ma sa venirci incontro spontaneamente lungo il cammino per raggiungerli.
Devi accedere per postare un commento.