Pensavo all’Italia, poi ho letto un po’ di giornali esteri e mi é crollato il mondo addosso.
In Francia, messi circa da c come noi, pensano ai matrimoni gay e si combatte ferocemente, ci si suicida e si premia un filmetto (francese) a Cannes solo perché sdogana l’amore saffico.
In Svezia, gli immigrati scoprono di essere svedesi di serie B e danno fuoco ai sobborghi delle città, la polizia legna di brutto e ognuno tira a campare.
In Germania ci si sbrodola perché sono i partners europei privilegiati della Cina e non si capisce perché, se non per il fatto che i cinesi facendo i lacché, tirano a scopiazzare e a dividere la traballante unione, anche se nel frattempo investono in euro.
Negli USA, dopo il tornado si ricostruisce, ma all’italiana: chi non ha i soldi, il bunker sotterraneo non lo fa e spera. E nelle scuole, chi non lo aveva fatto, spera di farla franca. In compenso in Italia i coltivatori di arance pensano di abbattere gli alberi, perché ora gliele pagano 6 centesimi al chilo (così pagano quelli che fanno spremute, le stesse che noi al bar paghiamo 2 euro la bottiglietta).
E tutto perché nessun BRILLANTE ECONOMISTA o ministro dell’economia si decide a dire che il consumismo è la peste del terzo millennio, per i paesi cosiddetti ricchi, perché non può esistere senza una larga base di povertà e quindi se i paesi, una volta poveri si arricchiscono, una quota di ricchi nostrani deve cambiare stato. È una palla furiosa pensare che i paesi in via di sviluppo aumenteranno il loro mercato interno, la costante sarà sempre la quota di esportazione e una minor importazione di beni “ricchi”.
La conseguenza è che i paesi ricchi continuano ad importare sempre la stessa quantità, ma esportano meno.
Basta guardare i dati dell’ultimo decennio per capire la nostra (occidentale) crisi di sistema. Ma tutti scrivono minchiate e a me il Nobel non lo daranno. Fortunatamente sono vecchio e quindi non mi devono dare neppure un lavoro, visto che diventerà più raro del Nobel.
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