Vecchi vince il ballottaggio e si riconferma sindaco di Reggio Emilia. Dunque viva Vecchi. Poiché per me gli elettori hanno sempre ragione e, a differenza della sinistra, il popolo non me lo scelgo, auguri di buon lavoro al primo cittadino. Resta da fare un’analisi del voto dei due turni. A costo di ripetermi, il sindaco ha palesato qualche difficoltà politica: tutti i sindaci uscenti delle grandi città hanno vinto al primo turno, anche in contesti più difficili, Muzzarelli a Modena, Gori a Bergamo. Vecchi è arrivato vicino, ma non ce l’ha fatta, pur in presenza di due fattori per lui molto positivi: il successo delle liste di sostegno e la evidente debolezza di Salati e del centro-destra. Al secondo turno la macchina del Pd e degli alleati non ha avuto difficoltà a sconfiggere un candidato debole e lasciato solo. A parte un po’ di post sui social e uno sgangherato comizio di Sgarbi, il centro- destra, o meglio sarebbe dire la Lega, non ha prodotto nulla. Diciamo la Lega, perché Fratelli d’Italia ha mancato il consigliere e Aragona sarebbe servito in questa consigliatura e Forza Italia ha eletto un solo consigliere. Ora, forse complice il superamento dello shock da ballottaggio, dalle parti del Pd regna un eccesso di euforia, che è normale se dura il giusto, sarebbe patologico se riportasse in auge una pratica di governo chiusa in se stessa e autoreferenziale. Come pure l’idea un po’ d’antan che la Reggio medaglia d’oro della Resistenza, abbia fermato il fascismo, il sovranismo, il nazionalismo. Non vediamo Vinci nelle vesti di D’Annunzio, né la Fiorini in quelle di Margherita Sarfatti, ancor meno Salati in quelle di Mussolini. In fondo la vittoria a Reggio era la meno complessa delle sfide a cui era e sarà chiamato il Pd. La perdita di Ferrara e Forlì, rende ancora più incerto il quadro delle prossime regionali, che sono a turno unico, dove le liste di appoggio “rendono” meno e dove la Lega avrà presumibilmente un cavallo migliore. La vittoria non deve far dimenticare al Pd che anche la società reggiana è percorsa da paure profonde, insicurezze, che non possono essere liquidate come percezioni. L’esercizio di diritti, come quello alla salute, sono ormai sempre più esercitabili a pagamento, l’inserimento degli immigrati nel tessuto sociale e nella scuola, non è semplice, per non parlare degli irregolari, diventati, nel sentire di tantissimi, non un problema, ma il problema. Su questi temi, come sull’intreccio di connivenze coi poteri forti, la narrazione del Pd rischia di essere debole, come si è visto alle politiche un anno fa e ora alle Europee. Per non parlare del fatto che la Lega controlla tutte le regioni del Pil, cioè quelle del nord. Certo il centro- sinistra si è rialzato dai minimi delle politiche, complice la debolezza dei 5 Stelle nelle amministrative, ma deve sciogliere nodi di linea politica e pure il nodo della convivenza interna dei renziani, forse tornare indietro, rispetto alla mal riuscita fusione a freddo del Pd, potrebbe aiutare o almeno fare chiarezza. Nel centro- destra, si registra la residualità del centro: Forza Italia al 3,80% è stata surclassata da Alleanza civica. Di origine centrista è anche l’unico sindaco eletto dal centro- destra, la Lega è ferma a zero tituli, pur dove aveva superato il 40% alle europee. Si registrano alcune affermazioni interessanti di sindaci civici, a Vezzano, Casalgrande e nella nostra montagna. Anche per Forza Italia è arrivato il momento delle scelte: sciogliersi in un nuovo contenitore o sparire, restando aggrappata alla Lega. Resta da dire che le 5 Stelle non brillano più come una volta, che anche per loro è arrivato il tempo di decidere se diventare un partito o se rischiare di esplodere, restando un movimento aggrappato a Salvini e al governo. Per ora tutti i partiti sono fermi alle loro narrazioni, ma la realtà bussa alla porta, prima o poi bisognerà aprirle, allora lo scenario potrebbe cambiare ancora, ma non si può dire ora se sarà in meglio.
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