Le posizioni nel movimento sono diverse e comprendono istinti filorussi insieme all’atlantismo di Di Maio. In mezzo c’è quella dell’avvocato del popolo, che per schivare i contrasti interni sembra sempre più ostile a Zelensky e alla resistenza, in un nome di un neutralismo cinico e disinteressato
Firenze? No, Napoli. Sono strani questi grillini. Invece di partecipare alla manifestazione fiorentina convocata dal sindaco Dario Nardella per l’Ucraina, sabato prossimo andranno a Napoli per una manifestazione “gemella”, una catena umana convocata dal sindaco Gaetano Manfredi. Così la faccia è salva.
Peccato che sarebbe stata l’occasione per farsi vedere nell’appuntamento di gran lunga principale contro l’aggressione di Putin, là dove saranno presenti i gruppi dirigenti e militanti di Pd, LeU, Azione, Italia viva. Invece la scelta è stata quella di scappare a Napoli, dove ancora resiste un nucleo di militanti grillini organizzati, ci andrà Roberto Fico, è la città di Di Maio, e Manfredi è un buon amico (i grillini lo considerano un sindaco “nostro”).
La questione ovviamente non è logistica ma politica. La scelta napoletana riflette la voglia di distinguersi da tutti quelli che sulla guerra hanno una posizione netta – sostegno all’Ucraina con tutti i mezzi, anche militari – perché è noto che nel Movimento convivono opinioni diversissime che vanno dall’estremismo filoputiniano di Vito Petrocelli, il presidente della commissione Esteri del Senato imbullonato alla sua poltrona malgrado il dissenso con la posizione espressa dal Parlamento, alla posizione ufficiale anti-Putin seguita dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
È chiaro che quest’ultimo ha un’influenza molto molto relativa sui parlamentari grillini, come al solito sfrangiati ma forse in prevalenza attestati su una posizione che giorno dopo giorno da equidistante sta diventando persino contraria alla battaglia condotta da Zelensky, per timore di un’escalation del conflitto che come tale coinvolgerebbe anche il nostro Paese. È una posizione falsamente “pacifista” ma che sembra intrisa di quell’egoismo di chi ritiene che, tutto sommato, la guerra di Putin non è affar nostro e che, una volta espressa una solidarietà di prammatica agli ucraini, la cosa finisce qui, trovassero loro il modo di far finire il conflitto prima di guai peggiori.
È la linea di Giuseppe Conte, peraltro evanescente sulla scena politica, che evidentemente affronta questa tragedia con la logica dell’avvocato in cerca di un compromesso e che è clamorosamente “apparsa” sulle chat grilline, dove si è scatenata un’opposizione all’idea di una seduta della Camera in ascolto del presidente ucraino, così com’è avvenuto ai Comuni a Londra e all’Europarlamento di Bruxelles.
La notizia rivelata dal collega dell’Adn Kronos Antonio Atte è veramente impressionante: nella chat anonimi parlamentari grillini criticano «una sovraesposizione insensata del Parlamento italiano», e si ironizza sul segretario del Pd: «Se poi facciamo parlare Letta ciao, andiamo in guerra domani…». Si tratta evidentemente di una fronda che ha messo nel mirino Roberto Fico, che sta appunto organizzando la seduta con Zelensky: «Questo (Zelensky, ndr) verrà a chiedere di fare una guerra mondiale e noi applaudiremo. Dopo il super green pass per i parlamentari, un altro modo per farsi ricordare come il peggior presidente della Camera della storia repubblicana».
È la stessa linea di Virginia Raggi che si era lamentata del fatto che l’Italia ha più attenzione per i cittadini ucraini rifugiati che per i non vaccinati: una posizione demenziale che evidenzia la totale mancanza di solidarietà per le vittime del Cremlino. Mentre la guerra infuria sulla popolazione ucraina e il mondo condanna Mosca, il primo partito del Parlamento italiano scappa.
Da Linkiesta
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