Una guerra inevitabile

monti-camusso-300x216La guerra contro i poteri corporativi in Italia è solo agli inizi.

Certo non si può aprire e chiudere la partita semplicemente con un paio di riforme od alcuni emendamenti.

Gli interessi particolari che le associazioni di categoria rappresentano sono talmente intimi nel tessuto connettivo sociale che spesso riguardano ognuno di noi senza nemmeno capirlo o quantomeno persino ammetterlo.

Si tratta di una particolarità sociale esistente in tutto il mondo, questo è vero, almeno in quei paesi dove esiste un minimo di democrazia e persino in quei regimi non democratici, cioè laddove non si tengono periodiche elezioni politiche degne di tal nome, tuttavia non totalitari, v’è spazio per un potere corporativo.

Persino Mussolini ha avuto con esse i suoi grattacapi. In Italia gli interessi particolari però hanno raggiunto un livello insostenibile, tale che ad ogni minimo cambiamento migliorativo, ai fini di rendere questo Paese competitivo nella nuova Era della globalizzazione, scatta immediatamente un meccanismo automatico di difesa che paralizza ogni Governo, che risulterà sempre troppo debole per imporsi, a causa della genesi formativa con cui nasce, venendo alla luce da leggi elettorali concepite appositamente per non dare mai una maggioranza parlamentare vera e propria.

Quindi verrebbe da pensare a Governi fatti nascere bifidi e allevati gracili dalle stesse corporazioni.

L’illegittimo Governo tecnico, definito tale da coloro che hanno paura di perdere la propria fetta di torta, ha deciso di rompere gli schemi, di dare una spallata al sistema, anche un po goffamente se vogliamo, ma comunque  ha decretato l’inizio delle ostilità, perché guidato da un Premier che mal si adatta alle incessanti, logoranti ed improduttive tattiche di mediazione e compromessi. In questa battaglia rientra il battibecco a distanza tra Monti e Susanna Camusso.

Il Premier, a ciel sereno, ha deciso di sferrare una saetta fulminante alla Signora della più potente ed influente corporazione del Bel Paese, affermando, all’assemblea dell’Abi, che la concertazione sia stata nel tempo l’origine dei mali che attanagliano il mondo del lavoro in Italia e la causa della sua emarginazione giovanile.

Botta e risposta di una Camusso un po spiazzata, la quale ha reagito affermando che nel ’93, con una riforma delle pensioni, i sindacati hanno salvato il paese dalla bancarotta. Fu certamente un passo importante, ma il paese fu salvato, tra le altre cose, con un prelievo lampo dai conti correnti degli italiani del 6 per mille di ciò che avevano depositato, dall’introduzione dell’Ici e dalla svalutazione della Lira (quest’ultima oggi nemmeno ipotizzabile). Senza contare che da allora fino ad oggi la Cgil ha sempre e solo messo il bastone tra le ruote ai Governi in materia.

E poi il “93?! Perché non citare allora Quinto Fabio Massimo il ” temporeggiatore” che cercò di salvare Roma da Annibile durante la prima guerra Punica!

Rientrano in tema anti sindacale anche le bacchettate prese da Giorgio Squinzi da molti dei suoi e da una fetta di mondo politico quando ha definito la spending review “bassa macelleria sociale” usando parole già pronunciate poco tempo prima dal leader della Cgil. Non che nell’occasione avesse tutti i torti, ma Squinzi deve stare attento a non mettersi in casa un cavallo di Troia.

Daltronde il patron della Mapei è tra coloro che credono giustamente nel dialogo come arma per risolvere i problemi più annosi, ma ciò dipende non tanto dal metodo, ma dal merito: in virtù sempre con chi dialoghi. Nessuno è più sordo di chi non vuole sentire.

Il presidente di Confindustria avrebbe ragione in toto se dialogasse con l’IG Metall tedesco, per esempio, che sul finire del primo decennio del 2000 intavolò con la Volkswagen, in piena crisi produttiva, protocolli d’intesa in cui si abbassava la produzione ma in parallelo anche lo stipendio, oppure si aumentava il monte ore a parità di remunerazione, tutto questo, a crisi superata, avrebbe lasciato il posto al normale contratto nazionale. E pensare che l’influente sindacato tedesco non è dei più mansueti.

In sostanza dialogare con una galassia di piccoli e grandi poteri nel nostro paese è impossibile. Monti ha un obbligo al quale non può sottrarsi, essendo un tecnico e non un politico: azzardare una guerra di liberazione casa per casa ai corporativismi, mettendoli alla berlina di fronte alla pubblica opinione e snocciolare numeri sui danni che ognuno di loro provoca.

Si vedrà se avranno il coraggio e la forza di mandare il Paese a nuove elezioni. Altrimenti sarà un Vietnam.

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