Tu chiamale se vuoi… corruzioni

Briber Su La Libertà di Reggio Emilia del 7 giugno Luigi Bottazzi espone, in estrema sintesi, questo pensiero: le inchieste di Tangentopoli 1992 destrutturarono la classe dirigente, aprendo la strada a un possibile risanamento di istituzioni ed etica pubblica; toccava alla politica attuare questo risanamento; ma apparve Forza Italia che in 20 anni ha reso corruzione e illegalità endemiche nel sistema politico; si è così arrivati a una seconda Tangentopoli.

Lo schema però non regge di fronte ai fatti: negli anni da Tangentopoli 1992 fino al 2001 i governi sono stati guidati da Amato (2 anni), Ciampi (1 anno e 1 mese), D’Alema (1 anno e 6 mesi), Dini (1 anno e 4 mesi), Prodi (2 anni e 5 mesi); presidenti della Repubblica erano Scalfaro e Ciampi. C’è stato effettivamente anche un governo Berlusconi, ma è durato 8 mesi.

Berlusconi ha governato 8 anni tra il 2001 e il 2011 (in mezzo ci sono 2 anni di Prodi; poi Monti e Letta), ma tutta la gestione del dopo Tangentopoli è stata realizzata da altri. I 20 anni citati da Bottazzi non sono quindi 20 anni di governo di Forza Italia: sono i 20 anni della “ossessione Berlusconi” per la sinistra e il centro-sinistra.

Inoltre la carenza di etica ha mostrato una trasversalità che va ben al di là di Forza Italia: il caso del MO.S.E. a Venezia è eclatante; l’ex PCI Primo Greganti che ha fatto un periodo di prigione nella prima Tangentopoli e viene arrestato anche nel 2014 non si è formato in Forza Italia; la regione Abruzzo azzerata nel 2008 era guidata dall’Unione; casi come Unipol o MPS o CaRiGe non sono attribuibili a Berlusconi. E mi fermo qui. Anche chi non vota Forza Italia, come il sottoscritto, deve riconoscere la realtà dei fatti.

Lo schema di Bottazzi può essere rivisto in questo modo: Mani Pulite grattò solo la crosta superficiale della corruzione; l’eliminazione dei vecchi partiti aveva lo scopo di installare una classe politica favorevole alla finanza internazionale (tutti i capi di governo 1992-2013, tranne Berlusconi, fanno capo a Bankitalia e/o all’Istituto Aspen); la corruzione risulta endemica perché aveva radici morali profondissime.

Credo infatti che limitarsi a parlare della corruzione come questione di tangenti e malversazioni sia molto limitativo. “Corruzione” significa anche “degradazione morale e spirituale”. L’Italia dal 1970 ha perso la bussola del bene e del male: con la legge sul divorzio gli italiani si sono abituati al fatto che i patti liberamente accettati si possono violare; con l’aborto si sono abituati a uccidere i bambini; con divorzio aborto contraccezione convivenze si sono abituati al sesso libero; in questo clima di degrado la tangente non è più vista come un male, ma semplicemente come “una cosa da fare senza farsi beccare”.

Aborto, Arcigay a educare i ragazzini, carnevalate dei Gay Pride, caso Eluana Englaro, costrizioni ai media sulle tematiche LGBTQ, debito dello Stato affidato ai cosiddetti “mercati”, denatalità, devastazione della Libia con conseguente incremento di migranti, divorzio, fecondazione artificiale, ideologia gender, legge sulla cosiddetta “omofobia”, libri pornografici a scuola, ostacoli alla libertà di educazione, privatizzazione di Bankitalia, tolleranza sulla prostituzione, tolleranza sulle droghe, vendita di settori strategici per l’Italia. Si può completare a piacimento questo elenco alfabetico: la mappa dell’Italia che ha perso il criterio del bene e del male è molto vasta e variegata.

A questo si aggiunge poi la “elusione etica”. Si cita ogni tanto la “elusione fiscale”: ditte che, giocando sulle diverse fiscalità degli Stati, riescono a ottenere benefici legalmente leciti, ma immorali. Non si cita mai la “elusione etica”: c’è una legge dello Stato che impedisce una immoralità (ad esempio: l’utero in affitto), e, invece di accettare la legge esistente, si va a commettere l’immoralità all’estero, pretendendo poi che lo Stato la riconosca come cosa buona.

La corruzione “monetaria” è il frammento di una corruzione morale ben più vasta. Questa corruzione non la può risanare la politica. Anzi si può star certi che la politica contribuisce ad alimentarla, vedi l’ultimo caso del divorzio breve: solo 30 deputati eroi a votare contro, più 14 deputati semi-eroi astenuti. Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che il divorzio è la prima causa di povertà in Italia, oltre ad essere una delle cause dello “sbalestramento” dei figli: invece di disincentivarlo e di favorire la famiglia, questi creano il divorzio breve. La bussola del bene e del male va decisamente riposizionata.

 

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