Per il Governo l’emergenza è l’unica dimensione in cui trova una sua identità, mentre l’opposizione non esce dallo schema della contrapposizione pregiudiziale. Un gioco di specchi che nasconde la vera contraddizione: per queste misure non serviva lo stato d’emergenza
A rischio di sfidare la noia con le tecnicalità parlamentari (mai una buona idea per iniziare un articolo), un paio di cose vanno notate, che dettagli non sono. Perché, questa la prima, suona come un po’ stonato per un governo dichiarare, con una certa grave preoccupazione, lo stato di emergenza, tranne poi constatare che in Aula manca il numero legale per farlo passare. Trappola dell’opposizione, gente in quarantena, disattenzione, sia come sia, da che mondo è mondo, proprio i provvedimenti straordinari in un clima straordinario, come quelli in questione, richiedono una straordinaria attenzione, anche sulle insidie parlamentari. E qui c’è l’altro aspetto, che riguarda l’opposizione: in un primo momento la Lega e Fratelli d’Italia volevano uscire dall’Aula, improvvisando una sorta di Aventino virale contro una misura considerata liberticida; poi, per non mostrare una radicale divisione con Forza Italia, si è raggiunto il compromesso di rimanere dentro senza partecipare al voto, favorendo in tal modo l’incidente del numero legale, mossa che comunque indicativa di una linea di opposizione drastica, per nulla collaborativa.
Fine dalla noiosa premessa, nell’auspicio di non aver tediato il lettore. Andiamo al cuore della questione, rivelato da questa dinamica. L’ennesimo capitolo della crisi italiana ai tempi della pandemia come un gioco di “specchi”. Per il governo, che nell’emergenza reale ha trovato un ubi consistam politico che non aveva, il prolungamento del cosiddetto stato di emergenza, ovvero una legislazione eccezionale che consente di coinvolgere meno il Parlamento anche su un terreno delicato come le libertà personali, è un atto quasi naturale, a maggior ragione ora che i dati oggettivi indicano una certa allerta accompagnata da una crescita della preoccupazione collettiva.
L’altra faccia dello specchio è un’opposizione incapace di uscire dall’unico schema posto in essere da mesi – la contrapposizione drastica e pregiudiziale – e incapace, si sarebbe detto una volta, di “farsi Stato” caricandosi dell’interesse generale perché finora ha seguito la teoria del crollo e come sempre quando si segue questa teoria, si rischia di rimanere sotto le macerie. Neanche la malattia di Donald Trump, che simbolicamente ha rappresentato il default del populismo negazionista, o comunque della disinvoltura comportamentale e delle teorie che minimizzano, neanche la malattia di Trump, dicevamo, ha prodotto un cambio di passo dei sovranisti nostrani rispetto al solito ritornello. Perché la verità è che c’è un pezzo dell’opposizione che non ha ancora metabolizzato l’uscita dal governo e la sconfitta, incapace di capire che la pandemia ha cambiato tutto e così vaneggiando il sei a zero e la spallata, finisce che perdi anche a Lecco.
Questo gioco di specchi rischia di nascondere la vera contraddizione che attraversa sia la posizione del governo sia quella dell’opposizione. Diciamola così: per imporre l’obbligo di mascherine per tutti, dare una stretta sugli assembramenti in termini di sanzioni, insomma per varare i contenuti di questo dpcm (sacrosanti a giudizio di questo giornale) non serve lo stato di emergenza, basterebbe la legislazione ordinaria (Sabino Cassese lo spiega da mesi). Così come non servirebbe neanche per chiudere ristoranti, pub e bar, ipotesi per ora accantonate per il timore (vedi i numeri del Nadef) di ricadute economico-sociali. Insomma la radicalità dell’impalcatura istituzionale d’insieme cozza con misure che appaiono non altrettanto radicali, ma di puro buon senso, di fronte alla ripresa dei contagi, misure illustrate con grande serietà e rigore dal ministro Speranza in Parlamento.
Tuttavia, ecco il punto, l’emergenza è l’unica dimensione politica all’interno della quale il governo ha trovato la sua razionalità e coesione, per cui la legislazione si prolunga anche all’interno di un paradosso per cui non vi ricorrono paesi che stanno peggio di noi e dove è tornato all’ordine del giorno il tema di nuovo lockdown, come Francia e Spagna, mentre l’adotta l’Italia che non è in situazione di drammatico allarme. E l’opposizione, appunto lo specchio, anch’essa cede alla logica emergenziale per cui sembra che ci siano i carri armati in strada, anche se si tratta solo di mettere le mascherine. In un paese normale, con un opposizione normale, e un clima non drogato dall’eccezionalismo, qualcuno si sarebbe alzato e avrebbe detto: gentili signori del governo, proprio perché la situazione è delicata e abbiamo a cuore il paese, condividiamo le misure annunciate sulle mascherine, ragionevoli e razionali e, proprio per questo vi chiediamo di portarle in Parlamento, di condividerle, rinunciando alla legislazione speciale e di non impedire un impegno comune nell’interesse del paese.
Invece, il gioco degli specchi è anche un gioco delle parti. Il governo non coinvolge e non condivide, perché sa che l’opposizione non è disposta a farsi coinvolgere e a condividere. In fondo sono due fragilità, in cui ognuno si regge sulla fragilità dell’altro. Finché non si rompe lo specchio.
Da Huffington post
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