C’è vita oltre Lega e Cinque Stelle. Soprattuto, c’è vita nella galassia di un Pd che sembrava agonizzante, che ha perso la roccaforte di Terni ma riesce a tenersi Brescia, Ancona e Trapani; a giocarsela con buone possibilità ad Avellino e Imola; a rischiare il tutto per tutto a Siena, Pisa e Massa. Specularmente, c’è vita anche per Forza Italia e per i moderati di centrodestra che si godono l’exploit di Scajola a Imperia e una coalizione di centrodestra che domina pressoché ovunque, mentre i Cinque Stelle arrancano. Il tutto, nella serata dell’Aquarius e dei porti chiusi di Salvini, cui si contrappongono idealmente De Magistris, Orlando, Falcomatà, sindaci rispettivamente di Napoli, Palermo, Reggio Calabria – spalleggiati dall’apertura della Milano di Beppe Sala e Pierfrancesco Majorino e della Bologna di Virginio Merola – ognuno dei quali simbolo a suo modo di un centrosinistra multiforme e plurale che comunque esiste, nonostante il 4 marzo, nonostante tutto.
Forse la vera notizia delle amministrative del 10 giugno è questa. Che non è vero – non ancora, perlomeno – che destra e sinistra non esistono più. Che nella nuova polarizzazione tra popolo ed élite, copyright di Matteo Salvini, non esistano un popolo di sinistra non cripto-grillino e un popolo di centrodestra non leghista. Che non è vero che attorno all’asse Salvini-Di Maio si stia incardinando il bipolarismo di domani. Che là fuori sia possibile solo un’alleanza tra Pd e Forza Italia, in salsa macroniana, nata di risulta, per prendere schiaffi. Che nonostante Renzi e tutte le diaspore, quello di un centrosinistra largo e unito sia ormai una chimera per illusi. Che nonostante tutti i predicozzi, sono ancora i territori e le buone pratiche amministrative il suo vero vantaggio competitivo.
In estrema sintesi, nel campo giallo-verde gli equilibri sono tutti da rompere, mentre a sinistra – e pure a destra, in fondo – sono tutti da ricostruire. E forse davvero la deriva a destra, nazionalista e securitaria, che Salvini sta imprimendo all’esecutivo sta offrendo mattoni per la ricostruzione, a chi è rimasto fuori. Posate rancori e popcorn, insomma, e cominciate a ricostruire. Che la rivincita, chissà, potrebbe arrivare prima del previsto
Lo diciamo sapendo che l’inerzia tira tutta dall’altra parte, e che non sarà questo voto a cancellare i sondaggi che danno comunque la Lega stabilmente sopra il 25% e il Movimento Cinque Stelle attorno al 30%. Lo spirito del tempo è dalla loro parte, del resto. Ma gli scricchiolii sono sempre più forti e chiari. Fino a quanto uno come Roberto Fico accetterà di subire la deriva a destra del Movimento Cinque Stelle? Fino a quanto Alessandro Di Battista deciderà di sopportare la subalternità di Di Maio all’agenda politica di Salvini? I vuoti in politica si riempiono, lo sanno bene entrambi: e sanno benissimo che una deriva dei Cinque Stelle a destra li taglierebbe definitivamente fuori dai giochi.
In estrema sintesi, nel campo giallo-verde gli equilibri sono tutti da rompere, mentre a sinistra – e pure a destra, in fondo – sono tutti da ricostruire. E forse davvero la deriva a destra, nazionalista e securitaria, che Salvini sta imprimendo all’esecutivo sta offrendo mattoni per la ricostruzione, a chi è rimasto fuori. Posate rancori e popcorn, insomma, e cominciate a ricostruire. Che la rivincita, chissà, potrebbe arrivare prima del previsto.
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