Di P.Luigi Ghiggini
Rischia grosso il governatore uscente Stefano Bonaccini, ricandidato a guidare la Regione Emilia-Romagna, a proposito delle pressioni denunciate con un esposto alla magistratura dal sindaco di Jolanda di Savoia, Paolo Pezzolato. Una vicenda che risale a un mese fa, ed esplosa a pochi giorni dalle elezioni.
La Procura di Bologna, con il capo procuratore Giuseppe Amato, ha aperto un fascicolo conoscitivo, al momento senza indagati né ipotesi di reato, che sarà trasmesso per competenza alla procura di Ferrara, competente per territorio. All’esposto è allegato anche l’audio di una telefonata intercorsa tra il governatore e il sindaco stesso.
Secondo Pezzolato, dopo la decisione della vicesindaca Elisa Trombin di appoggiare la candidata leghista Lucia Borgonzoni alle elezioni regionali, Bonaccini avrebbe fatto pressioni perché tre Comuni limitrofi rifiutassero di condividere con Jolanda di Savoia alcuni dipendenti. Una mossa a tenaglia che avrebbe come effetto la sottrazione di tre dipendenti e grosse difficoltà nella gestione dell’ente locale.
La vicesindaca aveva riferito di una telefonata di fuoco con Bonaccini, nella quale il governatore avrebbe affermato: “Se vinciamo noi, tu e il tuo comune siete finiti”. A questo sarebbero seguiti altri avvertimenti, inquietanti, nella telefonata del 20 dicembre tra Bonaccini e Pezzolato.
Il sindaco di Jolanda di Savoia ha chiarito la propria versione sulla sua pagina Facebook.
Ecco cosa scrive: “Il presidente Bonaccini, senza alcuna ragione istituzionale, mi telefonò alle ore 9.44 del 20 dicembre scorso dicendomi, fra l’altro, queste testuali parole “io ieri sera ho parlato con Elisa…dalla telefonata non mi ha detto che si candida con la civica della Borgonzoni…se la scelta è quella è chiaro che poi succede qualcosa nei rapporti con voi…te lo volevo dire perché se è così se per caso vinco io come è probabile dopo però non mi cercate più…io non ho detto che deve candidarsi con me…diceva di no punto…sto dicendo che se me la ritrovo candidata di là…io il punto è parlane con lei e dille che ti ho chiamato…la cosa che dico solo è che dal candidarsi con me al trovarmela di là…. chiaro che dopo allora c’è un giudizio”, tanto che mi sentivo messo nelle condizioni di rispondere che le avrei parlato”.
Ora Bonaccini viene sollecitato da più parti a rendere pubbliche le registrazioni audio delle telefonate. Così il deputato reggiano Gianluca Vinci , segretario della Lega Emilia: “O stai con Bonaccini o il Pd taglia i servizi ai cittadini – commenta Vinci – Rimaniamo senza parole di fronte alle sconcertanti dichiarazioni del sindaco di Jolanda Savoia. In pratica il Pd pur di tenere le mani sull’Emilia Romagna è passato alle telefonate intimidatorie con chi non la pensa nello stesso modo. Ci aspettiamo che Bonaccini renda immediatamente pubblica la registrazione della telefonata per fugare qualsiasi dubbio. Il suo silenzio non fa altro che confermare che il Pd parla tanto di democrazia ma poi, di fatto, è pronto anche ad azioni dittatoriali pur di mantenere il potere e la poltrona”.
La vicenda è sintomatica di una concezione del potere nella quale l’avversario politico diventa un nemico giurato, possibilmente da schiacciare. Viene da chiedersi cosa accadrà da lunedì alle persone non allineate o sgradite, in questo rigurgito di stalinismo, nel caso della riconferma di Bonaccini. C’è da essere preoccupati, ancora più di prima, per le sorti della democrazia in questa regione, dove del resto il movimento giovanile emergente – unico caso in Europa e forse nel mondo, se si escludono le dittature come la Corea del Nord – scende nelle piazze per puntellare il governo e contro l’opposizione.
Non a caso Lucia Borgonzoni, dal palco di Bibbiano, ha detto di volere una regione in cui nessuno abbia più paura di dichiararsi per quello che è, di destra o di sinistra che sia.
In proposito Maura Catellani, candidata della Lega nel reggiano, parla di “perfetta testimonianza del vizio ideologico della sinistra di stampo emiliano, che dietro il buonismo senza limiti, nasconde la vera natura di uomo lupo dell’uomo, in base alla quale la persona non è soggetto di diritto, ma oggetto di un piano ideologico che lo riduce a strumento di sistema, da protagonista della società. E chi non si soggiace a queste logiche di potere – aggiunge Catellani – non ha diritto di essere ed esistere, che sia all’interno o fuori dei palazzi di potere”.
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