Tempo fa il Corriere della Sera ha riportato la notizia che “venti animalisti, probabilmente appartenenti ad una frangia estrema del filone anarco-insurrezionalista, sono entrati in un laboratorio dell’Università Statale di Milano da dove poi sono scappati con dodici cani, undici conigli e molti topi. Tre di questi conigli sono infettati con il virus “vaccinico” forma attenuata del vaiolo che i medici stavano studiando per mettere a punto nuovi vaccini contro una forma del tumore all’utero. Le persone nate dopo il 1980 (dunque non vaccinate contro il vaiolo), se entrassero inconsapevolmente in contatto con questi conigli, potrebbero sviluppare la cheratite, malattia degli occhi che può portare alla cecità”. Il virus, nei corpi di questi conigli, è ancora a livello della pelle e quindi potrebbe contagiare l’uomo anche attraverso una forma secondaria di infezione che presenta pustole ed escrescenze come quelle del vaiolo, ma non è letale.
Le persone che hanno compiuto questi atti rappresentano un vero e proprio pericolo sociale ed in quanto tali vanno perseguiti e puniti severamente. Personalmente ritengo che la ricerca scientifica abbia bisogno di ricorrere, non essendovi alternative possibili, alla sperimentazione su animali. Semmai si deve evitare ogni forma di inutile crudeltà e limitare all’indispensabile la sperimentazione. Ciò nell’interesse del progresso scientifico che si deve porre prioritariamente l’obiettivo di salvaguardare il genere umano, che non può essere posto sullo stesso piano di quello animale.
L’ipotesi contraria sarebbe quella che a far da cavie fossero, al posto degli animali, gli esseri umani. Sarei curioso in questo caso di conoscere quanti animalisti sarebbero disposti ad offrirsi volontari.
Esistono radical-chic che sarebbero capaci di rimanere indifferenti di fronte al suicidio di un disoccupato o alla morte per freddo di un barbone, ma si commuoverebbero fino alle lacrime di fronte ad un cane abbandonato.
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