Da mesi la politica italiana è concentrata sulla riforma costituzionale del Senato da attuarsi come priorità assoluta, quasi fosse la soluzione di tutti i mali del nostro Paese.
I dati ISTAT dimostrano invece che la nostra economia, dopo sei anni di crisi, tende a peggiorare, che si aggrava il problema dell’occupazione, che aumenta la povertà, che si accrescono le diseguaglianze.
E questo in presenza di una crisi morale, evidenziata anche dagli scandali del Mose e dell’Expo, e a fronte di reali pericoli per la pace (le vicende dell’Ucraina, della Palestina, della Libia, della Siria, dell’Irak) e di gravi questioni umanitarie quale quella dei migranti sulle nostre coste.
Perché allora questa ossessione per il Senato? Si vuol far credere che la sua riforma è chiesta dall’Europa, nella quale invece a nessuno interessa il nostro Senato. L’urgenza vera è invece reperire risorse per rimettere in moto l’economia e per incentivare l’occupazione, spostando il carico fiscale dalle imprese e dal lavoro ai redditi personali, verso i quali la tassazione deve essere progressiva come prescrive la Costituzione.
Se si volevano ridurre velocemente tempi e costi della politica bastava, intanto, dimezzare il numero di deputati e senatori e creare una commissione bicamerale di armonizzazione dell’esame delle leggi. Un studio recente ha messo in evidenza che lo stesso risparmio per lo Stato, da destinare poi agli aiuti alle imprese e alle famiglie, si otterrebbe dimezzando le ancora alte indennità dei deputati (630) e dei senatori (450) in carica.
Una eventuale modifica del funzionamento del Senato deve essere studiata con la ponderazione, la serenità e la condivisione necessarie in caso di riforme costituzionali, non con l’assillo dell’urgenza.
Anche perché, per comprendere la portata della riforma del Senato, bisogna inquadrala nel complessivo progetto della nuova legge elettorale, elaborata da Renzi e Berlusconi, che, in nome della “Governabilità”, prevede la nomina dei deputati da parte delle segreterie dei partiti, indebiti premi di maggioranza e una riduzione drastica degli spazi di partecipazione popolare e di rappresentanza politica.
Con la modifica del Senato e la nuova legge elettorale si vuole creare un sistema politico al servizio di un premier, che nominerà il Presidente della Repubblica, la maggioranza della Corte Costituzionale e del CSM. Sarebbe la realizzazione di quel presidenzialismo da sempre nei piani della destra, una dittatura in veste di democrazia senza controlli e contrappesi.Un presidenzialismo che, sottotraccia, non è nuovo a certe componenti della sinistra, al decisionismo toutcourt che dovrebbe valere sia per gli interventi della mano pubblica, sia per le regole(preziose e fondamentali) della nostra democrazia rappresentativa. Significherebbe rovesciare lo spirito della nostra Costituzione. Ciò che sta accadendo al Senato e la dimostrazione di ieri di oltre cento senatori che hanno abbandonato l’aula per esprimere il loro dissenso direttamente al Capo dello Stato, dà la misura del “golpe bianco”, come ha detto qualcuno, che un Parlamento di nominati e illegittimo sta per compiere.
Cosa pensano tutti quei super cattolici, i dossettiani di tutte le stagioni, i cattolici democratici dell’Ulivo, ecc. ecc. di questa grave situazione. Nel PD reggiano, ad esempio, non c’è nessuna voce di dissenso, neanche flebile, magari confessata senza avere il coraggio di dichiararla, tutti appiattiti sulle convenienze e gli opportunismi del momento, pensare alle candidature in Regione, ad esempio, sulle poltrone o gli strapuntini del potere o sottopotere locale. Che tristezza !
Credo che anche noi popolari, i così detti ” DC non pentiti”, dovremo scendere in piazza a protestare per votare un Parlamento legittimo e un’assemblea costituente funzionale al processo riformatore di cui l’Italia ha bisogno. O almeno, visto che siamo poco organizzati, e abbiamo subito una diaspora dolorosa, contro questo disegno dobbiamo appellarci, al senso civico e politico dei cittadini, perché difendano la Costituzione e chiedano che la politica si concentri sulle vere urgenze del paese: il rilancio dell’economia, la creazione di nuovi posti di lavoro, l’impegno per la pace nel mondo.
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