Il Ddl. recante la delega al Governo in materia di riforma fiscale contempla anche la revisione del Catasto fabbricati.
Dalla lettura della bozza di testo approvato dal Consiglio dei Ministri, si evince subito che non si tratta di una mera revisione (generale) degli estimi.
Il Governo è delegato ad un’operazione di più ampio respiro: con uno o più decreti legislativi,verranno sì ridefinite le rendite delle unità immobiliari iscritte al Catasto fabbricati, ma nel contempo saranno dettati nuovi criteri e meccanismi per la formazione e l’aggiornamento del Catasto urbano.Vediamo quali sono le linee direttrici contenute nella delega. Sotto un primo profilo, la riforma determinerà il passaggio dall’attuale inventariazione catastale, imperniata sulla rendita (intesa come espressione della redditività media ordinaria annua dell’immobile urbano), ad un sistema più completo, basato, nello stesso tempo, sulla rendita e sul valore patrimoniale dell’immobile.
La seconda rilevante novità consiste nell’adozione, quale nuova unità di consistenza, del metro quadrato, che per gli immobili a destinazione abitativa sostituirà il vano utile catastale. Infine, la riforma riguarderà anche le destinazioni d’uso catastali.
Queste ultime, che trovano immediato riflesso nelle categorie catastali, verranno ridefinite ed adeguate alle odierne condizioni economiche e sociali ed alle utilizzazioni effettive degli immobili. Attenendosi alla novità saliente, che riguarda l’attribuzione alle unità immobiliari del relativo valore patrimoniale, il Ddl. delega indica i criteri da seguire per la sua definizione.
Occorre innanzitutto definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di riferimento, operazione che sembra destinata a mandare in soffitta le vecchie zone censuarie. Il territorio dovrà quindi essere suddiviso in diversi comparti, in ragione delle specificità del mercato immobiliare presente in ciascuno di essi. È facile prevedere che il tratto distintivo consisterà nel prezzo mediamente praticato per unità di superficie, ancorché – a ben vedere – parrebbe utile valorizzare anche la frequenza delle transazioni. I valori medi ordinari assunti a parametro saranno quelli rilevati per le transazioni di mercato avvenute nel triennio antecedente l’anno di entrata in vigore del decreto legislativo.
Pertanto, se il Governo provvederà con solerzia, rileveranno i prezzi dei trasferimenti immobiliari rilevati nel triennio 2009–2011. Nelle operazioni, i Comuni, primi conoscitori delle specificità territoriali, potrebbero essere chiamati ad assumere un ruolo attivo. Il valore patrimoniale di ogni singola unità immobiliare a destinazione ordinaria (in primis, le abitazioni) sarà determinato in base alla superficie di quest’ultima, utilizzando criteri statistici che valorizzeranno il valore di mercato, localizzazione e caratteristiche edilizie per ciascuna detinazione catastale e per ciascun ambito territoriale. Per le unità immobiliari a destinazione speciale (immobili produttivi), il valore sarà attribuito per stima diretta, applicando metodi standardizzati e parametri di consistenza specifici per ciascuna destinazione catastale speciale.
Ove non sia possibile il riferimento diretto ai valori di mercato, il valore patrimoniale di tali unità immobiliari sarà definito in base al costo (per gli immobili strumentali) o tramite il criterio reddituale (per gli immobili per cui la redditività rappresenta l’aspetto prevalente).
La rendita continuerà invece come in passato ad essere determinata come redditività da locazione, laddove esistano dati consolidati inerenti il mercato delle locazioni. In caso contrario, la rendita catastale sarà derivata dal valore patrimoniale, determinato secondo i criteri già richiamati, applicando ad esso specifici saggi di redditività desumibili dal mercato nel triennio di riferimento (quello anteriore alla data di adozione del decreto legislativo).
Per il valore patrimoniale e la rendita dovranno poi essere previsti meccanismi di adeguamento periodico, in funzione di modificazioni che intervengano nei parametri assunti a base per la loro determinazione. Al di là della “curiosità scientifica” per le scelte adottate sotto il profilo tecnico-estimale, viste anche le tensioni finanziarie contingenti, il primo quesito che suscita l’imminente riforma attiene i riflessi dei futuri “database” catastali sul prelievo fiscale. Al riguardo, sembrerebbero trarsi segnali rassicuranti dalla disposizione secondo la quale l’efficacia impositiva dei nuovi valori dovrà accompagnarsi alla modifica delle aliquote d’imposta, nonché delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, per “evitare un aggravio del carico fiscale medio con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti”.
Tra le finalità, non ci sarebbe quella di “guadagnare” base imponibile La revisione del Catasto urbano sembra quindi perseguire il solo scopo di aggiornare valori, criteri e metodi di aggiornamento inventariale, assicurando una più fedele rappresentazione della potenzialità reddituale e del valore di mercato del patrimonio edilizio. Esulerebbe dalle finalità prefisse quella di “guadagnare” base imponibile ai fini fiscali.
Nella speranza che così sia, ci si limita ad osservare che l’iscrizione, per ciascun immobile, anche del valore patrimoniale (cui prodest, altimenti?), dovrebbe determinare il superamento della capitalizzazione delle rendite iscritte in Catasto per il tramite di coefficienti moltiplicatori stabiliti ex lege, consolidato automatismo sotteso da tempi immemorabili alla determinazione della base imponibile rispetto ai tributi che si applicano al valore dell’immobile. Tra questi figurano certamente le imposte sui trasferimenti, o meglio le imposte di registro, ipotecaria, catastale.
Tuttavia, caso vuole che anche l’IMU si applichi al valore degli immobili (tendenzialmente, determinato al 1° gennaio dell’anno di imposizione). Ora, sebbene l’incremento dei coefficienti moltiplicatori, nel passaggio da ICI ad IMU, abbia in taluni contesti ridotto la forbice tra valore di mercato e valore catastale in maniera piuttosto sensibile, è ben noto che un certo scollamento persiste. Se i valori di mercato e le rendite connesse saranno iscritti in Catasto senza prevedere che anche ai fini dell’IMU le aliquote vengano rimodulate in modo da assicurare invarianza di prelievo, la riforma produrrà un ulteriore aggravio del carico impositivo. Sarebbe quindi opportuno che la rassicurazione di invarianza di gettito fosse garantita – estesamente – per tutti i tributi, IMU inclusa.
da eutekne.info
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