Riflessioni sul voto italiano

 Ad alcune settimane dalle elezioni, lasciando decantare le emozioni e le reazioni che tipicamente si alimentano nel popolo, è giunto il momento di qualche riflessione generale sull’esercizio democratico del voto stesso che prescinda dalla fede politica.

UNO: Ci lasciamo trascinare emotivamente dall’idea che la vittoria di questo o quel partito, o candidato, abbia un grosso peso nel destino di un Paese o sulle nostre vite individuali. Ma l’intero dibattito politico è per lo più una falsità – o meglio – una distrazione, fumo negli occhi, intrattenimento non diverso da Game of Thrones. Occorre comprendere che le democrazie capitaliste moderne si fondano sul primato dell’economia sulla politica e la cultura. Non viceversa. Non viviamo in Cina, dove potenzialmente il Governo si può svegliare domattina e arrestare Jack Ma. In occidente è il contrario: Steve Jobs telefonava ad Obama pressandolo sulle politiche migratorie, per ottenere più visti per ingegneri stranieri da assumere in Apple. E utilizzava parole di questo tipo: “Obama è molto intelligente ma continua a darci solo motivazioni sul perchè le cose non possono essere fatte. Mi fa infuriare”. Occorre avere chiaro che un’ azienda come la Apple (che fra le altre cose è nota, come altri giganti tech, per adottare tattiche di elusione fiscale non indifferenti..), siede su riserve di danaro che la rendono più ricca di ben 141 nazioni al mondo!

In un simile sistema è l’economia che detta l’agenda politica e culturale di ogni nazione, non viceversa; grandi multinazionali e fondi finanziano campagne elettorali, televisioni, think-thank, e hanno illimitato potere di spesa in advertising, decidendo quale tipo di informazione diventa mainstream e quale resta al buio. Votare questo o quel partito significa votare interessi di parte e lobby diverse, più di quanto non significhi votare una certa ideologia o programma. Su questo parametro semmai andrebbe misurato – e investigato – il M5S, che al momento pare non rappresentare interessi economici specifici, invece di spostare il dibattito sulla loro presunta incompetenza o sul discorso di rimborsi spese.  In ogni caso, svegliarsi una volta l’anno, accalorarsi in dibattiti e pensare di incidere particolarmente con il voto èsolo distrazione: per cambiare questo tipo di sistema, semmai ha molto più peso cambiare i propri comportamenti di consumo, che sono un voto espresso quotidianamente.

DUE: Il driver del cambiamento nelle società moderne non è la politica ma la tecnologia. Pensate ai cambiamenti più radicali dei costumi, del lavoro e del modo di vivere. Sono stati introdotti dal jobs act di turno, dal decreto legge o piuttosto dall’introduzione di nuove tecnologie? La casta dei tassisti per anni non è stata toccata dai politici, fino che in piazza a protestare ce li ha mandati Uber, e i politici sono semmai intervenuti per difendere lo status quo. Il lavoro è stato radicalmente trasformato dalla tecnologia non dalle leggi: fenomeni quali nomadi digitali, telelavoro, precariato tecnologico con progressivo spostamento da forme di lavoro regolamentate al freelance, automazione, robotica, intelligenza artificiale. Nessuna di queste cose è stata decisa per disegno legge, semmai la politica lentamente e tardivamente cerca di intervenire su fenomeni già dilaganti. Che dire del costume e della società? Le più grandi rivoluzioni le hanno portate (nel bene e nel male) Facebook che ha cambiato il modo di relazionarsi, di consumare contenuti , anche di fare politica (e di concepire la realtà e ciò che è vero e falso! Pensate alle fake news!), l’introduzione del Viagra ha trasformato la mappa, la demografia e il costume sessuale rimettendo sul ‘mercato’ milioni di uomini precedentemente non sessualmente attivi, scombinando coppie e matrimoni, riducendo gap di età, e via dicendo. Nessuna di queste cose è stata introdotta come conseguenza del vostro voto a questo o a quel partito.

TRE: E’ ora di smettere di stupirsi e scandalizzarsi per il cosiddetto avanzamento dei populismi come se si trattasse di un imbarbarimento collettivo. Meglio rendersi conto che tutto il mondo negli ultimi decenni ha visto un allargarsi della forbice fra ultra-ricchi e redditi bassi, cosa che – in nazioni come quelle europee storicamente caratterizzate da un ampio ceto medio moderato – è particolarmente sentita e causa profondo disagio. Occorre anche comprendere che questa sperequazione è ancora una volta incrementata dall’avanzamento tecnologico che tende a concentrare la ricchezza nelle mani dei pochi che controllano le conoscenze e le tecnologie e sarebbe più utile comprendere come il problema stia alla radice del paradigma tecno-capitalista che stiamo vivendo, piuttosto che scagliarsi contro il disagio delle persone ribattezzato oggi ‘populismo’.

QUATTRO: Il tema del reddito di cittadinanza, o ‘universal basic income’ è un tema che tutti i governi mondiali dovranno porsi o già si stanno ponendo. Esistono molti studi accademici ed esperimenti reali, ed è un tema su cui vale la pena informarsi, invece di soffermarsi sul fatto che nel sud italia sia stato percepito come l’ennesima forma di assistenzialismo e deridere l’intera idea. Con gli spaventosi progressi di intelligenza artificiale, robotica e progressiva distruzione di posti di lavoro, anche il sistema consumistico sarà destinato a collassare se la maggioranza dei lavoratori sarà privata dalla propria rendita. E’ inevitabile dunque pensare a un modo per ridistribuire le enormi masse di denaro accumulate da poche realtà e concepire una società dove il lavoro – quantomeno degli esseri umani – è destinato ad essere sempre meno cardine. Dove si trovano i soldi? Per cominciare, in una direzione dove nessuno vuole guardare: facendo pagare le tasse alle società tech!

CINQUE: Altro tema caldo di questa campagna è stato il binomio razzismo/tolleranza. Mi ha stupito vedere un simile exploit della Lega Nord, ed è evidente che lo slogan ‘prima gli italiani’ ha fatto breccia. Mi risulta chiaro dunque che i problemi connessi all’immigrazione sono sentiti nel quotidiano da milioni di persone, che non si sono svegliate ‘razziste’ una mattina. E sarebbe ora che l’elettorato del PD, prima ancora che i vertici del partito, facesse un esame di coscienza o meglio un ‘reality check’. E’ mia opinione che le deludenti performance elettorali del PD degli ultimi anni siano da ascrivere infatti tanto ai vertici quanto all’elettorato stesso; è stucchevole infatti la loro propensione ad affibbiare patenti morali agli elettori di altri partiti. Nel loro costante tacciare di ‘razzismo’ chiunque abbia posizioni sull’immigrazione leggermente più rigide delle loro, applicano infatti una forma di razzismo morale forse peggiore di quello etnico. Vedo spesso gli elettori del PD dichiararsi ‘schifati’ o  esprimere ‘vergogna’ per i risultati elettorali, quasi che chi vota altri partiti in democrazia debba persino giustificarsi. Ora, al di là dei toni, la Lega non ha mai proposto la creazione di campi di concentramento, ma soltanto politiche che prevedano qualche limite ai flussi migratori. Sono posizioni che si possono non condividere, ma sono posizioni legittime. Quello che semmai si potrebbe contestare alla Lega è la loro capacità di attuare tali politiche dopo essere stati al governo senza porre sostanziale rimedio ai problemi. Ma continuare ad arroccarsi su posizioni ideologiche e lontane dal sentire dei cittadini è stupido e miope. Nella nostra Reggio Emilia, abbiamo tutti più di un amico o conoscente – anche di sinistra – che negli ultimi anni ha dovuto cambiare quartiere perchè la convivenza con i crescenti immigrati non era più sostenibile, dove ormai il degrado e la mancanza di sicurezza hanno svuotato interi quartieri di cittadini italiani. Anche questo si inquadra in un tema di demografia globale, che sarebbe meglio affrontare in modo serio e lungimirante, lasciando da parte le ideologie e le patenti figlie di uno sciocco e arrogante ‘politically correct’.

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