Sulla ricerca italiana e sui fondi é destinato pianto e stridor di denti. Non c’è mai un ghello da mettere in quel settore, in nessuna finanziaria, poi all’ultimo millisecondo c’è l’annuncio “: abbiamo reperito anche fondi per la ricerca”. E di solito non sono solo spiccioli, ma brani di carogna che mille avvoltoi si contendono.
Perché ho usato questa immagine così macabra? Già quando andavo io (una vita fa) all’università, i soldi pubblici agli atenei erano una pioggerellina che doveva bagnare tutti e non serviva a nessuno. Figuriamoci oggi, che le università e relative sedi distaccate sono cresciute come i funghi. Siamo sempre alle solite : le nozze si POSSONO fare anche con i fichi secchi, non si andrà via satolli, ma il matrimonio resterà. Il problema della limitazione delle risorse, non è la limitazione, ma le risorse, ovvero l’impiego delle medesime. Non si può dissipare un bene, con la scusa che è piccolo. Di solito se mi regalano un pasticcino invece di una torta, non lo butto via.
Altro problema è come utilizzare al meglio quello che arriva. In Italia si piantano mille piante di pomodori, si annaffiano una sola volta e poi si guarda che succede. Dalle altre parti si guarda quanta acqua si ha e si pianta solo quello che è sostenibile. Da questo punto di vista si potrebbe tentare una mediazione, usando i nuovi senatori a vita. Altro punto dolente. Infatti tutta una serie di scoopisti, che sarebbero nel giornalismo l’equivalente degli scafisti, sono all’attacco per denunciarne l’inutile costo, anche dopo che Piano ha detto che i soldi che riceve li usa (non userà) per pagare giovani laureati, per progetti di pubblica utilità. E anche gli altri, per quel poco che so, si adopereranno per fare qualcosa di utile per la collettività.
A loro, dicevo, alle loro capacità organizzative, affiderei l’amministrazione di quei soldi, per fare e far finire progetti di ricerca. Il nostro male, nell’uso onesto dei soldi dello Stato, è quello di cominciare cento lavori e poi… finita la prima tranche, aspettare, in un bilancio prossimo venturo, di reperire i soldi per la seconda e così via, sino alla conclusione dell’opera, che impostata in questo modo, costa il doppio (aprire e chiudere cantieri costa) e dura una vita. Ma porta consensi, perché in casa di tutti c’è un’opera “bisognosa” di quattrini e quindi gli sponsor politici incassano voti. Nei paesi virtuosi, invece, si scontentano molti, si accontentano pochi per volta, ma nel giro di una decina d’anni si fa il doppio e la comunità ne trae beneficio. L’autostrada del sole da Milano a Napoli fu realizzata in otto anni (800 km), la Salerno Reggio Calabria è lì da cinquant’anni e non è ancora finita (500 km) e sino ad oggi è costata forse dieci volte l’altra. Lasciate perdere, ma non dimenticate, le ruberie, è il metodo che conta e il nostro non funziona.
E non funziona da quando la sete di voti è ormai il succo della politica, che dalla definizione di Aristotele “ amministrazione dello stato per il bene comune” è diventato solo ricerca di consenso personale. Guardate i partiti, non ci sono idee condivise, ma solo nomi con idee individuali. Il porcellum era lo sbocco “naturale” di questa situazione. E quindi i partiti, avendo nomi e cognomi, non sono rappresentativi di idee, ma “grumi” di capipopolo.
Ero partito dalla ricerca e mi sono ritrovato in una sineddoche, parlare di risorse e di uso delle medesime non vale solo per la ricerca. A proposito: la Cina nei prossimi dieci anni investirà in ricerca due miliardi di miliardi di dollari. Perché ? Ne daranno a tutte le università cinesi e in proporzione degli studenti iscritti ? Il rettore amico del politico importante ne avrà una fetta più consistente ? Tante domande, le risposte le avremo e, soprattutto, vedremo i risultati. Nel frattempo vi ricordo che i touch screen e internet, per fare due esempi a caso, non sono nati da ricerche private e neppure le formule del DNA e le potenziali modificazioni genetiche. Gli OGM invece sì, quelli sono figli di ricerche e brevetti privati. Perché ?
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