La frenesia comunicativa del segretario-presidente non riesce a dare un colpo di reni al partito “suo “.Il governo incespica altrettanto, di giorno in giorno di più, a fronte insorgenti problemi europei ed ai rapporti interni sempre più difficli con un ramo del Parlamento, il Senato, non ancora addomesticato. Uscito con le ossa rotte della recenti consultazioni elettorali, offre in questi giorni una reazione scomposta e nervosa, che alla lunga rischia di mandarlo a fondo. Non servono le serafiche dichiarazioni della onnipresente vicesegretaria del PD , Debora Serracchiani, che cerca tutti i giorni di lisciare il pelo ad iscritti e elettori. Domanda : ma questa signora non dovrebbe fare il presidente del Fruili-V. Giulia ? Viene pagata con denaro pubblico per questo e non per fare il tirapiedi al capo partito ?.
Ilvo Diamanti, nella consueta analisi sulle tendenze di voto degli italiani, attribuisce al PD il 32,2 % di consenso, con un calo verticale rispetto al 40,2 % delle elezioni europe ( intorno a 2 milioni di voto) . Se queste intenzioni di voto si rapportano poi a chi va a votare effettivamente, intorno al 50 %, il peso reale del partito di Renzi, fra gli elettori potenziali, si colloca intorno al 16 %. Non è che siamo di fronte al partito della Nazione. Non è che la logica di un uomo solo al comando, risolva i problemi del futuro d’Italia.Non è nella logica del partito piglia tutto, che alla lunga possa far funzionare meglio le cose nella “ditta” post-bersaniana. Rischia veramente lo snaturamento della forma partito, una organizzazione politica che è diventata solo un coacervo dei capi-bastone e non “ luogo serio e privilegiato del confronto e della dialettica politica “ (analisi di Barca, un ex-compagno serio e bravo, nella sua indagine sociologica sul PD romano ). Non so se i renziani, della prima e seconda ora, compresi quelli convertiti per convenienza all’ultimo minuto, si rendono conto delle derive possibili, non solo e non tanto per noi democratici senza tessera, ma anche per l’intero paese.
Il repentino cambio di idee sul valore delle primarie, sono da “rottamare anche quelle “, dice Renzi al giornale di Scalfari, sono forse lo sfogo scomposto per i risultati finali del PD nelle regionali e nelle amministrative, oppure di una poltica che procede a zic zag ? All’inizio le primarie andavano pur benissimo perchè servivano per vincere, adesso non vanno più bene perchè affonderebbero pure lui, come hanno affondato le “belle statuine” messe in Liguria e nel Veneto. All’inizio nelle regioni erano di moda, quasi obbliogatorie, quando poi i risultati sono stati migliori dove non si sono fatte le primarie, si è ricreduto ? ma non sapeva che sono sempre state uno strumento poco serio per la selezione della classe dirigente ( vedi il caso del presidente dell’Emilia-Romagna scelto con una manciata di voti) ? . Non si rendono conto i dirigenti del PD, che questa difficoltà nel partito di oggi ,rientra in quella sorta di arrocco del presidente del Consiglio che si rinchiude nel suo Giglio Magico, quando il suo entourage governativo e istituzionale perde sempre più pezzi importanti( i tecnici della spending rewiev e del Job Act sbattono la porta, il viceministro degli esteri va ai vertici dell’ENI, ecc. ).
Non è più il momento di partiti unici o di partiti della nazione ma di forze politiche che sappiano rinnovarsi aprendosi alle istanze che salgono dalla vita concreta dei cittadini, che sappiano ascoltare il grido di dolore che viene da una società stremata da anni di politiche di austerità, dai ceti lavoratori ed intermedi che si impoveriscono, dal dilagare della disoccupazione e della povertà.
Ci fa specie che il piè veloce fiorentino debba inventarsi qualcosa di concreto, dopo le tante sparate a salve di questa prima fase della sua esperienza di governo. Cessata la fase della luna di miele del “nuovo che avanza”, premiato con vasto consenso alle meno vincolanti elezioni europee, adesso al vaglio delle regionali e dei ballottaggi di Maggio, i limiti dell’operazione trasformistica del renzismo sono emersi nettamente, sprattutto quando vanno a toccare i problemi reali più vicini ai bisogni dei cittadini. E’ obbiettivamente difficile dare sintesi alle vecchie culture di ispirazione comunista e della sinistra di governo DC – e questo lo doveva mettere in conto – che a suo tempo furono alla base della composita miscela della Margherita, poi con un’acritica adesione trasformistica al PSE, indi puntando su politiche costruite attorno al patto del Nazareno. Accordo con l’ex-Cav, liberamente interpretato, un giorno si e l’altro no, una volta con Verdini, una volta con Alfano,secondo la convenienza, rompendo ora a destra ora a sinistra, confidando in una maggioranza pasticciata nelle due Camere. Rotti i ponti con il blocco sociale tradizionale della sinistra e non riuscendo a catturare, sul piano delle risposte concrete, il consenso del terzo stato produttivo, diventa difficile continuare a resistere con l’appoggio esclusivo della casta degli aficionados e degli imprenditori e manager in carriera.
Il ragazzo di Rignano sull’Arno ha davanti a sé i drammatici problemi dell’immigrazione incontrollata dei dannati della terra senza sponde d’appoggio in Europa. Passi dai conservatori inglesi e dagli austeri teutonici, ma, men che meno da quei compagni socialisti francesi in totale ropture con la fraternité che fu il carattere distintivo della Francia democratica e repubblicana.Si aggiunga la precarietà di una condizione sociale, economica e finanziaria dell’Italia, espressa dai dati di una disoccupazione giovanile senza precedenti e vittima di una situazione di anomia più volte analizzata, in affannosa attesa di ciò che potrà accadere nei prossimi giorni con la non più improbabile uscita della Grecia dall’area euro.
Con tutto questo non c’è da fare i furbi, il rischio grosso è che , da un uomo solo al comando, diventi un uomo veramente solo !
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