Col passare dei giorni si delinea la strategia di Renzi, neo-segretario del Pd. Il suo arrivo ha segnato un punto irreversibile di discontinuità anagrafica, una nuova classe dirigente si va affermando, non solo nel Pd, ma anche negli altri partiti: Lega, FI, An e Ncd. Forse i segni in questi partiti sono meno evidenti, ma il processo sarà inarrestabile, anche nel governo si registra un maggior dinamismo dovuto alla competizione.
Dove invece la corsa del sindaco sembra perdere incisività, è sulle cose da fare: una seria riforma istituzionale, della giustizia e del mercato del lavoro. A questi temi, Renzi ha preferito anteporre la riforma elettorale, l’abrogazione della Bossi-Fini, lo ius soli e le unioni di fatto, argomenti importanti, ma non determinanti per la ripresa economica e soprattutto laceranti per la compagine di governo e per tutti i partiti. Certo la riforma elettorale è ineludibile, ma in genere è una conseguenza della riforma istituzionale, non la precede, altrimenti il sistema resta farraginoso e ingovernabile. Abbiamo ottomila comuni, ma ne basterebbero la metà, le province, se abolite, abbisognano di una distribuzione razionale delle competenze, svuotarle serve a poco.
Il titolo quinto va riscritto, per evitare regioni fuori controllo e forse anche alcune regioni, come Basilicata, Molise e Umbria, sono di troppo. Tirare la corda della legge elettorale potrebbe portare alla caduta del governo, lasciando le cose come prima, compreso il finanziamento ai partiti e farci votare con un proporzionale puro, Insomma un salto a prima del referendum Segni, sarebbe francamente troppo per un Paese in seria difficoltà economica e sociale. A volte l’ottimo è nemico del bene. Renzi dice di non aver votato la riforma del lavoro della professoressa Fornero, è vero, resta che l’ ha votata il Pd e un segretario non può chiamarsi fuori dal passato e dal presente del partito che dirige, né dai suoi meriti, né dai suoi errori. Insomma questa scelta zapaterista e movimentista può piacere a settori della sinistra che fino a ieri consideravano Renzi un clone di Berlusconi , ma alla lunga non paga.
Come si è visto in Spagna, dove il zapaterismo si è spento rapidissimamente, sotto i colpi della crisi economica e come sta succedendo in Francia ad Hollande, che pur avendo approvato i matrimoni gay, rischia di consegnare il paese alla Lepen. Occorrono coraggio e idee nuove, le vecchie ricette non funzionano più, neppure se incartate di nuovo. Un po’ come accade coi regali riciclati.