Passata la festa elettorale, vedo la commissione far di conto e sebbene occorra attendere il famoso e a volte fumoso Dpf, pare che manchino 9 miliardi di euro. Certo Matteo sarà Presidente di turno e potrà mendicare qualche aiutino, ma il mercato non fa sconti e non fa politica, per cui lo spread potrebbe risalire e con esso il costo degli interessi sull’imponente debito pubblico. Questi numeri sono al netto delle promesse della campagna elettorale, 80 euro ad altri dieci milioni di italiani, che varrebbero altri 10 miliardi di euro. Certo sono in arrivo una ripresina, senza aumento dell’occupazione e le riforme. All’Europa però non interessano né quella elettorale, né quella del Senato, ma le solite cose: trasparenza del mercato creditizio, ma le banche sono piene di politici e di indagati, Mps, Ubi, Unipol, Carige, Banca Marche solo per ricordarne alcune. Diminuzione del carico fiscale sulle imprese, per ora devono registrare un ulteriore aggravio sui bond di futura emissione per l’aumento dal 20 al 26%, della tassazione dei corporate bond.Liberalizzazione dei servizi, ancora all’anno zero, soprattutto a livello locale, giustizia civile e scuola, idem cum patate. E’ evidente che tifiamo per il successo del governo Renzi, ma questo non vuol dire tagliarsi la lingua, vogliamo un Paese trasparente e non questa ambiguità, che rende illeggibili numeri e leggi, vedi da ultimo il caso Tasi. Abbiamo fiducia nel premier, ma non è ancora per noi oggetto di venerazione e culto, come si vede in alcune parti d’Italia. La salita è ancora lunga e Matteo dovrà dimagrire per farla e con lui dovrà dimagrire l’apparato statale. Però se la ricetta è l’abolizione delle Province, ci fermeremo presto. Quella non è una abolizione, ma la conferma di un ente più costoso, inefficiente, a direzione pletoricamente confusa e anche se l’ha realizzata Delrio, non cambiamo opinione, neppure dopo la beatificazione a mezzo stampa. Non resta che attendere, per vedere se avremo una rivoluzione o una normalizzazione.
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