E’ arrivato in elicottero, come nei tempi lontani faceva sempre Gianni Agnelli, ed è stato accolto dalla solita platea di nominati, nelle aziende statali, come la Todini, Poste, Storace, Enel e Campo Dall’Orto, Rai e da imprenditori come sempre compiacenti, hanno applaudito pure quando ha detto che il capitalismo di relazione, il loro capitalismo è finito. Per evitare domande sgradevoli gli organizzatori si erano premuniti chiamando a moderare Gianni Riotta, un cantore del potere, prima Prodi, ora Renzi. Pace fatta dunque a Cernobbio tra il premier e l’establisment. Il discorso sul taglio delle tasse è ovviamente piaciuto, anche se non si è parlato di tagli alla spesa, senza i quali, il sogno si realizzerà solo aumentando il debito, anche se Renzi ha detto che invece scenderà. Promettere miracoli strappa sempre applausi, realizzarli è più difficile, ma questa è un’altra storia. Un discorso, quello di Renzi molto liberal, temi che dovrebbe essere patrimonio di un centro-destra ingabbiato nel recinto salviniano, preda di pulsioni che alla lunga portano alla sconfitta. Insomma che importa se il gatto è rosso o nero, basta che prenda i topi. Non serviva, ma questo è un chiaro spot che la sinistra è cambiata, il Pd non esiste più, esiste la sua versione socialdemocratica, liberale, liberista e capitalista, è ora che la minoranza ne prenda atto e taccia, come nel Labour inglese, in attesa del suo Corby, che non sarà né il governatore laziale Zingaretti, né quello toscano Rossi. Prenda atto, oppure se ne vada come fece in Germania. Il cambio di pelle del Pd spiazza il centro destra e apre il campo alla nostra Podemos, cioè i Cinque Stelle, se sapranno evolvere, cosa di cui al momento dubitiamo. L’accordo con i potentati italiani, l’allineamento alla guida tedesca, blindano Renzi, aldilà di momentanei sondaggi e rendono meno evidente quello stantio odore di massoneria, dato dalla frequentazione di Verdini, che denunciava l’ex direttore del Corriere De Bortoli. Anche le critiche di Ezio Mauro, direttore di Repubblica, giornale di partito, che tanto condiziona questo, come tutti i governi di sinistra, perdono forza. Il giovanotto cresce e tende a smarcarsi da chi pensa di controllarlo. Tutto bene dunque, non proprio, manca quella visione di futuro che hanno gli statisti, una lettura corretta della globalizzazione, dell’evoluzione tecnologica, che cambieranno in dieci anni il mondo. L’appello è ancora al vecchio capitalismo, anche la riforma della scuola guarda al passato, se non altro per l’immissione in ruolo di insegnanti old style e dirigenti scolastici impreparati a ricoprire il loro nuovo ruolo. La disoccupazione resta alta, nel mentre mancano mezzo milione di lavoratori. Una discrasia destinata ad aumentare se non cambia la testa delle imprese e della scuola. L’inglese è una commodity, ma i nostri insegnanti lo balbettano e gli studenti peggio, certo la musica e l’arte aiutano, ma mancano le professioni del futuro: matematici, fisici, esperti di informatica. La macchina statale fa pena e non basterà la riforma Madia. Pazienza, per ora speriamo che i miracoli di Renzi diventino sempre più grandi e che abbia il coraggio di scegliersi ministri meno fedeli e più forti. A proposito, il ministro dell’industria Guidi, dove è finita?