Si sono spente le luci sui festeggiamenti per l’apertura del Park Vittoria, opera avversata dai reggiani, ma sostenuta come importante per la Città dal partito egemone, il Pd, In fondo si tratta di un garage privato che renderà più felice qualche residente, più ricco qualche imprenditore e che non servirà a nulla ai cittadini e ai visitatori. Mentre si spegnevano le luci della retorica, sarebbe stato importante riflettere su Reggio e sulla globalizzazione, la nostra città è sempre stata globale e locale: grande industrializzazione, grande innovazione di prodotto e di processo, grande esportazione. Se il mondo gira, Reggio gira. La globalizzazione ha però cambiato molte cose, il mondo è diventato più grande e le nostre aziende più piccole, è un dato di fatto, per tenere il ritmo avrebbero dovuto crescere dimensionalmente, finanziariamente e managerialmente. Non è accaduto, un po’ perché da noi mancano i grandi gruppi multinazionali a fare da traino, molto perché il sistema bancario è arretrato e il sistema finanziario, tipo fondi pensione, è minuscolo, moltissimo perché le imprese familiari che erano l’ossatura del nostro sistema, faticano a trovare risposte adatte ai tempi, nelle successioni familiari. Il risultato è che passano di mano, con i loro mercati, le loro innovazioni e con la forza lavoro, almeno fino a quando serve. A livello nazionale, sono stati acquisiti i grandi marchi della moda: Gucci, Fendi, Bulgari, Brioni, Loro Piana, Valentino, Ferrè, Krizia, ecc.,poi i cinesi hanno preso la Pirelli, i tedeschi l’Italcementi, i francesi la Telecom, l’Edison e la Parmalat, in attesa di prendersi Unicredit e Le Generali, gli arabi l’Alitalia. La globalizzazione e la crisi hanno modificato il quadro anche a Reggio, dove molte realtà in particolare nell’edilizia, hanno chiuso, il mondo cooperativo ha pagato un grosso prezzo, con il fallimento di aziende storiche ed è corso, anche se tardi, a fare quelle unioni che diano massa critica e risparmio di costi. Il processo di acquisizione ha interessato anche le piccole e medie imprese del territorio, come Giglio, Cellularline, Nuova Castelli e ora Brevini, leader della meccanica, che passa in mani americane, come accadde in passato alla storica Lombardini e alle Reggiane. Al momento solo Interpump prosegue i suoi acquisti, ultimo la Valvoil. Stiamo comunque parlando di aziende storiche, ultimamente non si registrano molte nascite nel mondo aziendale, soprattutto nei settori legati ad internet, alla robotica e alle intelligenze artificiali, non che non esistano, ma hanno dimensioni troppo ridotte per la competizione globale. Per necessità di sintesi, chiedo scusa per le dimenticanze, ma la cosa grave è che a questo processo di deindustrializzazione, di delocalizzazione e di vendita, nessuno pone attenzione. Il sindaco continua a credere che Reggio Children sia la nostra General Motors, che le cooperative sociali e il loro notabilato dirigenziale, siano la nostra Silicon Valley. Il Pd è ormai un accrocchio di potere che non ha neppure capito che questi processi proseguiranno, avremo nuove vendite e nuove chiusure, mentre si montano tecnotopolini incapaci di combattere a livello globale, anche perché le banche devono pensare a non fallire e comunque sono ancora ferme al prestito con garanzia di cose e non delle idee. Spero di sbagliarmi, ma se le infrastrutture sono il Park Vittoria, con la sua aria da piazza sovietica, tanto da far pensare più ad un silos per missili, che a un contenitore per box auto da 50/60 mila euro, siamo fuori dalla realtà, siamo ancora fermi al boom edilizio e al consumo di territorio, dove la Città non guadagna nulla, ma qualcuno ci guadagna di sicuro.
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