Una cosa è certa, che chi ha interpretato Otello nella tragedia di Shakespeare, non può interpretare Desdemona. Al tempo del Conte uno, data pure l’insipienza di Giuseppi, Salvini aveva assunto il ruolo di Otello, il fiero generale che difende i confini dell’Italia dall’invasione dei migranti e gli elettori avevano gradito. Certo il generale vittorioso che si espandeva verso il Sud della Penisola e veniva eletto in Calabria, terronia profonda, qualche concessione l’aveva fatta ai sentimenti anti produttivi dei 5 Stelle: reddito di cittadinanza senza riforma delle politiche attive, decreto crescita, blocco della prescrizione. Il tutto condito da una sterile polemica con l’Europa matrigna. Sempre l’Otello vittorioso aveva lanciato la sfida del Papeete, ma complice l’astuzia di Matteo Renzi, l’offensiva si era fermata. Il generale Otello restava forte, vista pure l’insipienza del Conte due, ma l’arrivo della pandemia aveva iniziato a cambiare l’ordine delle priorità, soprattutto il crollo economico aveva morso forte le regioni traino del Paese, quelle dove la Lega governa e fa il pieno dei voti. Conte sopravviveva grazie alla Pandemia e l’avanzata di Salvini si era necessariamente dovuta fermare, anche se ancora non arretrava. Poi l’ennesimo colpo di scena del Matteo fiorentino ha portato al governo Draghi, che ha dato impulso alla lotta al Covid, i risultati sono sotto gli occhi di tutti, ha riscritto il Pnrr, avviato pur tra difficoltà una stagione di riforme, obbligate dall’Europa, ma indispensabili per un Paese che aveva smesso di crescere da decenni. Al governo Draghi, Salvini aveva dovuto dire di sì non per convinzione, ma sotto la spinta della sua base pragmatica e produttiva, mentre la Meloni ha visto aprirsi la strada di una opposizione solitaria, che la “ducetta,” come la chiamano i detrattori, conduce con parole forti e comportamenti parlamentari moderati. In quel momento, come nella tragedia, Otello ha perso la testa e volendo combattere sia sul fronte del governo che dell’opposizione, ha iniziato a perdere voti sia a destra che a sinistra. E’ facile prevedere che le amministrative vedranno la vittoria del Pd, l’affermazione di Fratelli d’Italia e la sconfitta, temiamo pesante, di 5 Stelle e Lega. IL governo Draghi e la situazione hanno posto Salvini di fronte a un bivio, con un’unica scelta, trasformarsi in Desdemona, lavorare al cambiamento del Paese, cambiare le alleanze internazionali e diventare il federatore di un centrodestra moderato, a cui lo spinge pure Berlusconi, abbandonando i pasdaran alla Borghi, che hanno contribuito alle sue iniziali vittorie, ma che oggi sono generali senza esercito, visto che le loro truppe sono già emigrate sotto le bandiere di Giorgia Meloni. Però è possibile che nella stessa opera lo stesso attore possa recitare parti così diverse? A giudicare dai risultati no, nonostante l’ossessivo impegno nel correre da un ruolo all’altro. Basterà la probabilissima scoppola delle amministrative a convincerlo ad abbandonare gli abiti di Otello? E nel caso chi potrebbe nella Lega essere la nuova Desdemona? Sono domande non semplici, la Lega è un partito vero e i partiti radicati faticano sia a svoltare che a cambiare leader, soprattutto se fino ad ora si sono mostrati vincenti: Salvini aveva preso un partito moribondo ridotto al 4%. Di certo è ormai chiaro che la Meloni ha riportato a casa i voti della destra classica, che erano circa un 16%, a cui ha aggiunto pezzi di Forza Italia, soprattutto sui territori e soprattutto al centro sud, dove la sua credibilità è di più vecchia data. Ha ovviamente e facilmente approfittato del suo ruolo di opposizione. Dall’altro lato il declino di Berlusconi a cui Salvini non sa sostituirsi, non tanto come leader, ma come linea politica, favorisce il proliferare di movimenti centristi: Cambiamo di Toti e Brugnaro, Azione di Calenda e perfino Italia Viva di Renzi. Tutti movimenti che vedono in Draghi non solo il presente, ma pure il futuro. In quale ruolo, si definirà, ma la strada per loro è tracciata e dubitiamo facciano nascere un governo Meloni- Salvini, anche con questa legge elettorale, figuriamoci con un proporzionale. Resta solo da chiedersi se nella Lega esista un’alternativa a Salvini, per ora no, ma certo il tempo e il governo Draghi lavorano contro di lui.
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