Province rottamate

Nuove-provinceLa decisione di accorpare le Province italiane, allo scopo dichiarato di ridurre la spesa pubblica, appare inefficace e presumibilmente incostituzionale.

Una cosa è combattere i bilanci perennemente in rosso, gli sprechi, il clientelismo, la malversazione ed in generale la cattiva gestione amministrativa, fenomeni, questi ultimi, che hanno prodotto un aumento abnorme della spesa pubblica, un’altra è “rottamare” le Province ed il loro ruolo istituzionale: ruolo attribuito loro dalla Costituzione italiana (Titolo V).

Sarebbe come proporre la “rottamazione” del Lazio e della Sicilia, in ragione dei loro disastrosi bilanci, come soluzione per ridurre la spesa pubblica. Seguendo questa logica, confondendo cioè le cause con gli effetti, ossia le responsabilità dei singoli amministratori con il sistema delle autonomie locali, qualcuno potrebbe giungere a proporre il riordino o l’abolizione anche delle Regioni.

Il presidente dell’Anci, Graziano del Rio, che è anche Sindaco di Reggio Emilia, ha avallato questo provvedimento inutile ed inefficacie sul piano della riduzione della spesa pubblica. Il provvedimento è inefficacie in quanto si limita a ridurre le cariche politiche, eliminando i compensi per gli assessori ed i gettoni di presenza per i consiglieri, lasciando però inalterata la macchina amministrativa, fatta di migliaia di dipendenti, e non decidendo nulla circa la dismissione del patrimonio immobiliare delle Province; per questa ragione il provvedimento è del tutto ininfluente rispetto all’obiettivo di ridurre la spesa pubblica.

Va rilevato altresì che, mentre è stato previsto un riordino ed una riduzione del numero delle Province, altrettanto non è stato stabilito per i Comuni.

Si pone, inoltre, un dubbio di costituzionalità del provvedimento: la Giunta regionale della Lombardia, infatti, ha deliberato di presentare un ricorso alla Corte costituzionale contro la legge di riordino delle Province e delle loro funzioni (legge 135/2012), in quanto la suddetta andrebbe a modificare, per via ordinaria, una materia di rilevanza costituzionale. Molti commentatori, dalla mente limitata e che si esprimono per luoghi comuni, hanno definito la querelle che si è determinata fra le diverse Amministrazioni provinciali come una banale “guerra di campanili”, ignorando che dietro le Istituzioni vi sono i cittadini, le diverse e specifiche realtà produttive e commerciali e le diverse tradizioni storiche.

La battaglia penosa per stabilire l’ordine di sequenza nominale delle nuove aggregazione amministrative, che ha visto protagonisti i consiglieri regionali e la scelta compiuta dalla Giunta regionale di non decidere in merito, testimoniano solo la pochezza di un personale politico che si è limitato, senza obiezione alcuna, a prendere atto di un provvedimento inefficacie e di dubbia costituzionalità.

Le Province che si verranno a formare dopo il riordino, saranno di fatto svuotate di significato e di valore, sia in termini di rappresentanza che di dignità politica, in quanto i nuovi organismi di governo saranno composti da individui non più eletti dai cittadini, ma nominati dai Sindaci dei Comuni capoluogo. Una vera e propria evirazione delle prerogative amministrative precedentemente assolte dalle Province.

Una debacle totale per le Autonomie locali.

Tale provvedimento, oltretutto, toglie ogni potere di controllo dei cittadini sull’operato degli amministratori locali, aumentando, anche fisicamente, la distanza fra gli stessi cittadini ed i centri di decisione: in questo modo gli spazi di democrazia e di partecipazione, anziché allargarsi, sono destinati a restringersi.

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