Invece di dare garanzie ai precari, hanno precarizzato gli assunti. Le tutele per i lavoratori licenziati sono state demolite da legge Fornero e Jobs Act in modo potenzialmente illegittimo: se n’è accorta anche l’Europa.
Di MARCO BRANDO
Il mitico posto fisso è nei sogni di precari e disoccupati di ogni età. Checco Zalone nel 2016 gli ha dedicato persino un film, Quo vado?. Si salvano dal mito soltanto coloro che fanno i liberi professionisti o i freelance per scelta; una minoranza, visto che gli altri spesso lo sono perché non hanno alternative, nel traballante mercato del lavoro. Tuttavia il posto fisso è un totem finché si sogna: in realtà nel settore privato (quello pubblico è più tutelato) rischia di trasformarsi in un incubo.
Perché? Prima la legge Fornero (2012, Governo Monti), poi soprattutto il Jobs Act (2015, Governo Renzi) – varati con l’intenzione ufficiale di vivacizzare il mercato del lavoro – invece di dare più garanzie ai precari, hanno “precarizzato” gli assunti. Su questo fronte, il governo Conte bis (M5S, Pd, Leu) avrebbe potuto rimettere mano ad alcune norme intollerabili, che invece non sono state ancora toccate.
D’altra parte, neppure il “Decreto dignità” (DL n. 87/2018) voluto dal primo governo Conte (M5S-Lega) ha riformato gli aspetti più punitivi nei confronti dei lavoratori. Oggi le disposizioni anti-licenziamento varate durante la pandemia nascondono questa spada di Damocle, che tornerà a pendere sulla testa dei lavoratori appena il blocco sarà tolto.
Perché si può licenziare anche in modo illegittimo
Insomma, nel settore privato i posti definiti “a tempo indeterminato” sono diventati, di fatto, “a tempo determinato”. I datori di lavoro hanno ottenuto la possibilità di licenziare anche in modo illegittimo: al massimo corrono il rischio di risarcire il dipendente licenziato senza motivo con un tot esiguo di mensilità, ma non possono essere obbligati dal giudice, quando stabilisce l’illegittimità, a restituire il posto di lavoro; mentre erano obbligati a farlo prima che lo Statuto dei lavoratori del 1970, e in particolare il suo articolo 18, fossero stravolti.
È opportuno ricapitolare. La riforma Fornero si è occupata di “Disciplina in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore”. Con l’articolo 1 c. 42 della legge 92/2012 ha cambiato l’articolo 18 della legge 300/1970, lo Statuto dei lavoratori, per quel che riguarda le imprese con più di quindici dipendenti. L’articolo 18 consentiva al dipendente licenziato illegittimamente di essere reintegrato oppure, a sua scelta, di ottenere un’indennità sostitutiva, fermo restando in entrambi i casi il diritto al risarcimento del danno. Grazie alla riforma Fornero, le “vecchie” disposizioni si possono applicare a pochissimi casi, mentre in quelli rimanenti – la stragrande maggioranza – il lavoratore licenziato in modo non legittimo ha diritto soltanto a un’indennità.
Il Jobs Act renziano del 2015 (decreto legislativo n. 23) ha peggiorato le cose, nonostante sia stato varato da un premier formalmente “di sinistra”. Come? L’articolo 18 è stato eliminato del tutto per gli assunti dopo il 7 marzo 2015.
Insomma, il datore di lavoro è incoraggiato a licenziare chi gli pare, tanto il giudice non può più reintegrare il lavoratore (se non in casi davvero limitatissimi), e l’azienda, in caso di illegittimità, è tenuta esclusivamente al versamento di poche migliaia di euro.
Dunque, legge Fornero e Jobs Act sono due macigni sulle spalle dei dipendenti nel settore privato, che per giunta possono essere vittime del “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” (detto pure “economico”) anche se l’impresa non è in crisi: basta che il ruolo di un singolo lavoratore venga definito superfluo nell’ambito di una riorganizzazione.
Com’erano stati giustificati questi provvedimenti? Con due presunte esigenze: incentivare gli investimenti e favorire le assunzioni a tempo indeterminato. Risultato: chi è assunto da un’azienda privata in realtà è un precario. La recente seconda sentenza della Corte costituzionale ha solo consentito di aumentare l’entità del risarcimento.
Da Senzafiltro
Devi accedere per postare un commento.