Piccolo é bello. O forse no

pesci-piccola-impresa-nuova-vicenza Ogni  volta che si parla di economia in TV, tutti fanno a gara a raccontare come la portante dell’industria italiana siano le piccole imprese che ovunque ci invidiano. Prima questione: per chi lavorano le piccole industrie ? Normalmente per una grande e nel caso italiano quasi sempre le grandi erano all’estero, così si spiega il tonfo del nord-est quando i tedeschi si sono rivolti  al mercato interno o ad altri (cechi, turchi, rumeni, ecc…). Altra questione : è sana un’industria in cui nascono tante piccole imprese e nessuna evolve in dimensioni ? La risposta è no, ma il problema è : perché avviene e come mai nei paesi più evoluti non è così? Perché il modello italiano è di tipo padronale  e non imprenditoriale, ovvero comanda chi è del giro (familiare, politico, amicale, ecc…) e non chi ha le competenze per farlo. È tutta qui la rogna italiana : il NON affidarsi ai competenti.  Questo è un modello che ha plasmato prima la società e poi lo Stato.

A dirigere una scuola c’è un insegnante. A dirigere un ospedale c’era un medico sino a poco tempo fa. Noi, da ignoranti. abbiamo confuso le competenze del fare con quelle del gestire e abbiamo fatto la frittata. Così è stata una conseguenza naturale che chi intraprendeva lo facesse in funzione familiare, pensando di passare il bastone del comando ai figli e quindi se questi si dimostravano non all’altezza, l’unica soluzione era vendere. Ecco spiegato il motivo della breve durata di un’azienda e della sua non crescita. I guadagni aziendali erano e sono visti più nell’ottica di possesso personale, che di mezzi da reinvestire per crescere. Ed è comprensibile : se faccio per stare bene e far star bene la mia famiglia, la prima cosa  è mettere da parte e non investire. Tutto questo gli americani lo hanno capito benissimo, lavoravo a Reggio quando dei ricercatori americani, all’inizio degli anni ottanta, arrivarono per indagare il distretto emiliano della meccanica e della ceramica, ero curioso, fui intervistato anch’io e rimasi in contatto con alcuni di loro.

Chiesi le conclusioni e qualcosa mi raccontarono, alle corte mi dissero che avevano capito che era un sistema che si reggeva sulla concorrenza spietata sui costi della manodopera, finché la tecnologia la supportava (macchine a controllo numerico, PLC) avevano un futuro, poi sarebbero sati travolti da chi, con le stesse competenze e le stesse macchine, costava meno. È puntualmente avvenuto, con i paesi dell’est Europa prima e quelli del far east poi.

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