Francesco Grillo replica all’articolo “Perché non amo il Terzo Polo”
Caro Dottor Lazzaretti,
solo oggi ho visto questo suo commento sulla convention del terzo polo e devo dire con franchezza che
a) non spende una parola su quello che è stato detto da me e da altri in quell’incontro;
b) qualifica chi sono io facendo riferimento alle parentele di Obama, Cameron, Clegg e Milliband (!).
Per ciò che concerne poi il suo argomento sulla utilità delle “think tank internazionali” rispetto al “radicamento sul territorio” io credo che questa contrapposizione sia non utile. In realtà, l’unico modo per trovare un qualche straccio di soluzioni a problemi così complessi come quelli che dobbiamo affrontare è legare la dimensione globale con quella locale. Anche se è un’operazione molto difficile per differenze di linguaggi. Anche se va poi giudicata sulle soluzioni concrete. E, tuttavia, come mi pare che Lei ammette, da tutte e due le parti ci sono anche (non solo ovviamente) persone di valore.
Se dunque vogliamo uscire dal gioco delle appartenenze (e delle ideologie) le dico che con molto piacere sono (e siamo) disponibili al confronto. Grazie. Francesco Grillo
La risposta di Giovanni Lazzaretti
Gentilissimo Francesco Grillo,
le do ragione.
L’intervento che ho inviato a “Finanza e Lambrusco” era la sintesi di un testo di 16.551 caratteri, traccia di un mio intervento a Rossena del 23 luglio scorso. La riduzione a 6.689 caratteri ha fatto perdere per strada diverse cose, tra cui l’essenziale del paragrafo che la riguardava. Il testo integrale era certamente più chiaro.
Questo però lo dico in riferimento al lettore di “Finanza e Lambrusco”, che non ha potuto comprendere il suo pensiero leggendo il mio testo. Ma questo non vale per lei: lei il suo pensiero lo conosce, e non può avere dubbi su cosa intendevo dire. L’articolo in cui lei contrapponeva i nostri vecchi politici ai nuovi nomi Obama Cameron Cregg e Miliband si intitolava “La fine dello Stato e l’ascesa della Big Society”: articolo recente (11 maggio 2011) e chiarissimo.
A Rossena ho affermato che, per capire dove va a parare il Terzo Polo, è molto più preziosa la storia consolidata delle persone che vengono invitate a parlare alla convention, piuttosto delle poche cose che possono dire nella convention medesima. Il suo sito infatti parla per lei: lei sostiene l’idea anglo-americana della “Big Society”. Devo adesso necessariamente citare per esteso il suo articolo.
“Cosa hanno in comune tra di loro Berlusconi e Bersani, Bossi e Di Pietro? Cosa li unisce, oltre al fatto di avere tutti più di sessant’anni? La convinzione che la soluzione (o la causa) dei problemi delle persone sia lo Stato e che, dunque, sullo Stato bisogna intervenire dal centro. Ma anche il convincimento che esista una specie di funzione lineare che – come succedeva per i grandi complessi industriali del novecento – lega ad un certo volume di spesa pubblica (e di tasse) un certo livello di servizio fornito ai cittadini (e, dunque, di benessere).
Cosa, invece, accomuna Cameron, Clegg, Miliband e Obama? Oltre al fatto di essere tutti quarantenni, nati tutti qualche anno dopo che il Pentagono aveva introdotto la prima versione di un mezzo di comunicazione che sarebbe poi diventato Internet? L’idea che sia la responsabilità individuale, la mobilitazione della società a poter fare la differenza e lo scetticismo nei confronti di riforme che passano attraverso la produzione di leggi o modifiche di costituzioni (costituzione di cui, peraltro, l’Inghilterra è priva, mentre quella americana si contraddistingue per brevità). Sono due approcci alla politica diversi. Che (solo) in parte riflettono i caratteri delle società che la politica nei diversi paesi rappresenta. Una differenza radicale che la divisione destra – sinistra non riesce a spiegare. Ciò per un semplice motivo: in una società fortemente cambiata dalla poderosa ridistribuzione di informazione che le tecnologie producono, non si può più pensare di poter risolvere i problemi da soli, dall’alto senza coinvolgere, motivare. […]”
Il titolo e l’articolo dicono chiaramente a chi va la sua simpatia. Simpatia legittima, ovviamente.
Ma a che punto è giunta l’evocata “big society”? Beh, per ora, stando alle recenti parole di Cameron dopo la rivolta nelle strade inglesi, siamo ancora alla situazione iniziale, alla “broken society” che Cameron dice di voler riparare. Quale sarà la traduzione migliore per “broken”? Disgregata? Infranta? Secondo me la traduzione migliore è “guasta”: società guasta, dove la disgregazione si unisce a una sensazione di marcio.
“[…] In my very first act as leader of this party I signaled my personal priority: to mend our broken society. That passion is stronger today than ever. Yes, we have had an economic crisis to deal with, clearing up the terrible mess we inherited, and we are not out of those woods yet – not by a long way. But I repeat today, as I have on many occasions these last few years, that the reason I am in politics is to build a bigger, stronger society. Stronger families. Stronger communities. A stronger society. […]” Bigger. Stronger. Ma, per quanto si sprechi in superlativi, le parole di Cameron suonano semplicemente come “atti di volontà”. Nessun costruttore tiene in piedi la casa con degli atti di volontà. La tiene in piedi con fondamenta sane e con buoni materiali da costruzione. Finché ci si basa su questi atti di volontà, l’unica traduzione buona per la parola “mend” non è “riparare”, ma piuttosto “rattoppare”. Le fondamenta sane hanno un nome solo: diritto naturale. Legge naturale universale. Obama, Cameron, Cregg, e Miliband (gruppo di materialisti, bancari, abortisti, “bombardieri”) non sanno nemmeno cosa sia la legge naturale universale, figuriamoci se possono servirsene per rifare le fondamenta.
Cameron non ha mai conosciuto una società del diritto naturale. Pensa di poter costruire una famiglia forte mantenendo al contempo la sequenza aborto, divorzio, libere convivenze, fecondazione artificiale, esperimenti su embrioni, promozione della cultura gay, educazione al sesso, contraccezione di Stato, eccetera. I suoi “atti di volontà” equivalgono a chiudere le crepe delle pareti divisorie, indebolendo al contempo le fondamenta e i muri maestri.
I nostri politici vecchi hanno almeno il vantaggio di aver vissuto i 25 anni di affermazione della legge naturale universale in Italia. Ricordano ancora che alla fine degli anni ’60 in molti paesi (nel mio, ad esempio) un operaio monoreddito riusciva a comprarsi la casa con le sue forze e senza mutui: sogno inconcepibile per i giovani di oggi.
Siamo massacrati dalla crisi? Forse. Ma la crisi economica nasce da una rovina morale che la precede di decenni. Se i politici non ci arrivano coi loro ragionamenti, possono almeno ascoltare la Caritas che segnala l’ovvio: il divorzio è la causa maggiore di povertà in Italia.
I piccoli pensatori radicati sul territorio sanno quale è la ricetta per risalire. Ovviamente non hanno mezzi, né per agire, né per farsi ascoltare. Sanno benissimo che un “think tank” che ignori l’esistenza della legge naturale universale non può produrre niente di valido e di definitivo: solo rattoppi in un vestito sempre più logoro e guasto.
In Italia una banale norma a costo zero, l’introduzione del “matrimonio non divorziabile” come libera scelta alternativa al “matrimonio divorziabile”, costituirebbe il miglior investimento economico per le nuove famiglie che si formano. “Stronger families” secondo l’auspicio inattuabile da Cameron.
In conclusione. Dei politici giovani formatisi su idee decrepite (diritti individuali + autodeterminazione) sono peggio di politici vecchi che hanno ancora un labile sottofondo di idee buone (il diritto naturale). Sottofondo che possiedono non per merito, ma perché l’anzianità ha permesso loro di vivere anche in tempi più felici. Così, pur non amando Berlusconi Bersani Bossi Di Pietro, so che la soluzione non sta in Obama Cameron Cregg Miliband. E la soluzione non sta nella Big Society ma in normale Stato fondato sul diritto naturale.
Un appuntino finale. Ho scritto Milliband con due “elle”, richiamando così il suo giusto rimprovero col punto esclamativo (!). Le chiedo scusa, sono errori che capitano. In Internet ci sono circa 400.000 siti che scrivono “Milliband” invece di “Miliband” (anche siti in inglese). Vedo ad esempio l’errore in www.visionblog.eu Perbacco, è il suo sito. Ma la perdono volentieri.
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