Il popolo del Pd si è riunito in Piazza San Giovanni ed ha gridato il suo bisogno di unità, fischiando Matteo Renzi. Sarebbe atroce per il partito farsi sfuggire la vittoria per l’ennesima volta ed allora, unità a prescindere, come ai bei vecchi tempi. Non ci si divide sugli uomini, conta solo il partito, Renzi vuol rottamare chi gli ha fatto fare carriera, perciò è ingrato e di destra; il dissenso è sempre di destra, quando riemerge l’anima profonda della sinistra italiana, che purtroppo non è riformista. Avanti le idee, dice Bersani, ma queste non sfilano né in testa, né in coda e soprattutto non salgono sul palco. I mercati stanno facendo ciò che alla sinistra non è mai riuscito: porre fine al ventennio berlusconiano, ma si preparano a presentare ai suoi successori lo stesso conto. Per questo dal palco di piazza San Giovanni dovevano venire parole chiare su pensioni, tagli alla spesa, compresi i costi della Casta, mercato del lavoro, ecc.. Invece molto buon senso, politichese spinto, voltamento di pagina, quando la gente è al giramento di balle, intenzioni generiche nei contenuti e nei tempi. Dare di più ai giovani, senza togliere ai vecchi, alle donne, ma anche agli immigrati, insomma come nelle fiere di paese, un giro di giostra gratis per tutti. Bersani ha trasmesso una leadership debole, rispetto a Vendola e a Di Pietro, i quali hanno detto chiaramente no al dettato della Bce. La lettera di Berlusconi era vaga, ma qui siamo al messaggio verbale, alle parole che non superano i confini della piazza. Il Pd non vuole litigare sui leader, né sui programmi, ma rischia di farlo anche sulle alleanze; si invoca quella coi moderati, senza rompere con Vendola, ma intanto l’alleanza con Sel è già firmata e quella coi moderati è difficile: se si fischia uno come Renzi, a Fini cosa fanno, gli sparano? Insomma, abbiamo visto più muscoli che cervello e con questi non si governa l’Italia, né si commuovono i mercati. Dopo la pioggia, rischiamo la grandine.
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