Non ho condiviso la scelta di Benedetto XVI di visitare Cuba, così come non ho condiviso, in passato, la stessa scelta compiuta dal suo predecessore Papa Giovanni Paolo II.
La visita, accompagnata dalla grancassa propagandistica del regime cubano, è servita solo a dare fiato ad una dittatura in crisi.. Anche i risultati diplomatici, in favore del ripristino della democrazia a Cuba, sono stati pressoché nulli: in occasione della visita nessun prigioniero politico è stato liberato, mentre il regime ha dichiarato che nessun mutamento politico è previsto ne’ ora, ne’ mai.
Al Papa, oltretutto, non è stato consentito di incontrare alcun rappresentate dell’opposizione che soffre sotto la dittatura comunista. Il Vaticano, con questo viaggio, è apparso più interessato a svolgere un’azione missionaria, ossia a conquistare nuovi fedeli e ad assicurare maggiori spazi alle strutture ecclesiali e ai prelati presenti a Cuba, piuttosto che a favorire il ripristino dei diritti civili e politici.
So benissimo che il Papa non è un leader politico e che a lui spetta un ruolo eminentemente spirituale e pastorale, ma una visita destinata a favorire solo la dittatura castrista avrebbe potuto essere evitata. Raul Castro è riuscito, infatti, a raggiungere il suo principale obiettivo, quello del pronunciamento del Papa contro l’embargo posto in essere dagli USA, mentre la diplomazia vaticana ha portato a casa solo parole e astratte dichiarazioni di buoni propositi.
Unica concessione è stata la decisione del Governo cubano di includere il venerdì di Pasqua nelle giornate non lavorative dei cubani. Su richiesta di Benedetto XVI, il presidente Raul Castro ha, infatti, approvato una misura ‘eccezionale’: il 6 aprile si fermeranno le attività lavorative non essenziali.
Una decisione simile fu presa nel 1997 da Fidel Castro che, in occasione della visita di Giovanni Paolo II, istituì la festa del 25 dicembre.
Francamente mi sembra davvero poco.
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