Nella presentazione al Parlamento del PNRR, Mario Draghi è stato molto chiaro e asciutto, mille anni lontano dalla retorica populista e paternalistica del Conte- Casalino. In sintesi ha detto che il PNRR è l’ultima occasione per l’Italia di uscire dall’immobilismo di una crescita economica asfittica, anche rispetto ai partner europei e di avviarsi su di un percorso di aumento dell’occupazione in particolare dei giovani e delle donne. Ma soprattutto ha spiegato che il PNRR non si realizzerà mai senza profonde riforme, che cambino il volto del Paese e lo avviino sulla strada della modernità e dell’efficienza. Si tratta di riforme, giustizia, pubblica amministrazione, sanità, politiche attive, fiscale e altre, che avremmo dovuto fare da molto tempo, non perché ce lo chiedeva l’Europa, ma perché servivano all’Italia, come la pandemia ha drammaticamente dimostrato. La novità e che ora l’Europa non solo continua a chiedercele, ma le lega all’erogazione dei fondi del PNRR. Sia su come vengono spesi i quattrini, sia sulle riforme, ci sarà un monitoraggio semestrale e una data limite di cinque anni per realizzare il tutto. Se il Recovery non venisse attuato e la produttività e il Pil non crescessero, il debito contratto per la pandemia e con l’Europa, mal contati 400 miliardi, diverrebbe insostenibile e dovremmo chiamare la Troika, il che comporterebbe di default, mai termine fu più appropriato, il taglio degli stipendi pubblici, delle pensioni e l’imposizione di una grande patrimoniale. Il che trascinerebbe ancor più in basso il Paese, nella classifica della ricchezza, anche se fingiamo di scordarcelo, il caso Grecia è ancora fresco. Ebbene di fronte al burrone, per chi vede il bicchiere mezzo vuoto o di fronte alla sfida per chi lo vede mezzo pieno, ci saremmo aspettati un forte dibattito tra le forze politiche sul come fare queste riforme. Ci si poteva aspettare l’apertura di un tavolo comune tra maggioranza e opposizione per la gestione di un piano che impegnerà non solo l’attuale governo, ma anche il prossimo e financo il successivo. Invece nulla. A destra si è molto dibattuto sull’allungamento del coprifuoco dalle 22 alle 23, per venire incontro alle categorie di riferimento elettorale e ci si è fermati li. Mentre il Pd ha presentato un organico piano per il futuro: legge sulla omotransfobia, voto ai sedicenni, ius soli, con la solita spruzzata di buonismo pro immigrazione. Tutte cose giuste, tutte cose belle, che la gente non ha nella mente e non sente sulla pelle. Da tempo il Pd e la sinistra si occupano solo dei diritti che afferiscono alla sfera delle mutande, o del samaritano, ignorando completamente i problemi del vicino di pianerottolo. Si muore in mare, ma si muore con meno clamore nei cantieri. Certo è un diritto quello delle minoranze ad essere rispettate, ma pure quello delle maggioranze al lavoro e allo studio. Siamo il Paese con la maggior disoccupazione giovanile, la più bassa occupazione femminile, il più alto abbandono scolastico, al netto della Grecia, dove la Troika è già arrivata. Può darsi che, come dice un maestro del pensiero “sinistrato” Andrea Scanzi, dal suo buen retiro di Merano, la destra non produca cultura da 300 anni, il che non è vero, l’ultimo bilancio in pareggio lo ha firmato moltissimi anni fa proprio la destra e non era come ora scritto in Costituzione. Di certo con la cultura della sinistra non si produce né crescita economica, né occupazione, né diritti sociali, al massimo un assistenzialismo per forza di cose sempre più straccione. Del resto chi ha voluto il titolo V, oggi tanto criticato, chi ha governato negli ultimi dieci anni, pur senza mai vincere le elezioni, in cui si è tagliata la sanità e sono andate definitivamente a ramengo scuola e ricerca? Risposta semplice: il PD. Per questo vuoto di contenuti e proposte, il Recovery rischia di essere indissolubilmente legato alla figura del Premier, il che rischia di rivelarsi un pericoloso boomerang. Bisogna coltivare la speranza che, al netto di questa fuffa, ci sia una reale scelta di cambiamento e conservare la fede nella forza del Recovery, anche se molti confondono la fede con Fedez e con i suoi like, mentre tutto questo non è che immagine e le immagini non costruiscono il futuro, a volte semplicemente lo indicano. Il futuro è dei costruttori, che solitamente sono guidati dalla realtà e dalla concretezza.
Devi accedere per postare un commento.