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Investing.com – Anticipare gli andamenti dei mercati nell’anno che sta per finire non era facile, ma a posteriori si può affermare che le principali banche centrali hanno considerato l’inflazione transitoria troppo a lungo, perdendo la possibilità di giocare d’anticipo e trovandosi a dover rincorrere con rapidi aumenti dei tassi che hanno creato forte pressione su tutte le asset class.
Da qualche mese molti indicatori suggeriscono che i prezzi al consumo stanno continuando a salire, ma a un ritmo più lento. Negli USA forse abbiamo già visto il
picco e in Europa potremmo essere vicini.
Le banche centrali hanno sorpreso i mercati
Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy, fa il punto sul rapporto ‘dialettico’ tra investitori e banche centrali, dopo che il mercato ha cominciato a scontare un’inflazione in decelerazione e a preoccuparsi invece dell’andamento economico e di una possibile recessione, causata proprio dall’impatto di tassi più elevati sui settori ad alta intensità di capitale, come l’immobiliare. Fed, BCE, Bank of England e Banca nazionale svizzera come da attese hanno appena alzato tutte i tassi di mezzo punto rallentando dai precedenti 75, ma hanno sorpreso promettendo ulteriori rialzi per un periodo indefinito, alimentando le preoccupazioni degli investitori per l’economia.
Le borse hanno reagito mettendo fine a un recupero durato quasi un mese e mezzo, che aveva portato lo S&P 500 a un rimbalzo del 14%. Il numero uno della Fed Jerome Powell ha confermato i primi segnali di rallentamento dell’inflazione, ma ha preferito mantenere alta la guardia per il mercato del lavoro surriscaldato, che continua a generare posti e aumenti salariali, elementi che potrebbero creare ulteriore inflazione.
Ramenghi sottolinea che l’inflazione americana è creata dalla domanda interna, particolarmente forte anche per gli stimoli fiscali varati dall’inizio della pandemia. La
situazione europea è diversa perché una parte è generata dai costi di energia e materie prime, mentre la domanda non registra eccessi. Ma la Presidente della BCE Christine Lagarde ha inviato un messaggio molto netto, spostando in alto il possibile picco dei tassi l’anno prossimo a ben oltre il 3%.
Ne è seguita anche qui una correzione dell’azionario e dell’obbligazionario che ha spinto al rialzo l’euro e lo spread dei titoli di Stato del Sud Europa, a partire dai BTP. Il forte aumento dei costi di finanziamento potrebbe portare a un rallentamento dell’immobiliare e, in alcuni Paesi dove si registra un indebitamento elevato, a una correzione dei prezzi.
Inoltre, Lagarde ha annunciato a sorpresa che a partire da marzo verrà drenata liquidità riducendo i titoli di Stato detenuti dalla BCE al ritmo di 15 miliardi di euro al mese e ha lasciato aperta la porta a riduzioni ancora più consistenti.
Secondo Ramenghi è una tempistica che ha colto impreparati gli investitori, perché nella prima parte dell’anno numerosi governi dovranno procedere a molte emissioni di debito, che a questo punto sarà più oneroso. L’atteggiamento della BCE è motivato dalle nuove stime economiche, molto superiori a quelle di consenso, per quanto riguarda sia la crescita che l’inflazione.
Un errore di politica monetaria?
Un atteggiamento così restrittivo in presenza di un andamento positivo dell’economia si può giustificare, nota l’esperto di UBS, ma il mercato si interroga sul rischio di un errore nelle politiche monetarie.
Se il PIL dell’Eurozona dovesse avere un andamento meno positivo, la BCE avrà la rapidità e la flessibilità per cambiare traiettoria in corsa? Soprattutto nel contesto di un’inflazione guidata da materie prime e energia, sottolinea Ramenghi, rialzi eccessivi possono avere un effetto sproporzionato su crescita e spread dei titoli di Stato di alcuni Paesi.
Nel complesso, è la conclusione dell’esperto di UBS, non sembrano esserci ancora le condizioni per un rally duraturo dei mercati azionari. Sono possibili recuperi periodici, e non sembra opportuno assumere posizioni nette sull’azionario. Ramenghi vede più favorevolmente una selezione qualitativa per mitigare la volatilità, mentre sull’azionario rimane neutrale favorendo i titoli value, che presentano valutazioni contenute, e quelli che distribuiscono buoni dividendi, privilegiando anche i settori più difensivi, come farmaceutica e beni di prima necessità.
I rendimenti obbligazionari sono invece tornati a essere interessanti e probabilmente vicini al picco per questo ciclo economico. Nel reddito fisso UBS preferisce i titoli di alta qualità con scadenze medio-lunghe e i corporate bond Investment Grade con scadenze brevi.
Da Investing
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