Nel corso del XVIII secolo l’Inghilterra primeggiava in Europa dopo aver vinto la Guerra dei Sette Anni, ma si ritrovava depauperata dai costi delle lunghe e sanguinose battaglie. La Corona britannica profittò così delle risorse delle ricche colonie americane per rimpinguare le proprie casse, imponendo nel 1764 la tassa sulla melassa, senza tenere conto dell’opinione delle assemblee popolari indigene. Da qui l’origine dei conflitti fra mercanti americani e potentati inglesi, e la nascita del principio “No Taxation without Representation”, utilizzato a quei tempi dai popoli della Virginia per sancire l’illegittimità delle tasse in assenza della rappresentanza popolare.
Poiché i colonizzati reclamavano rappresentanza, si sollevò il moto di massa guidato dagli indipendentisti indigeni che condusse in seguito alla dichiarazione di indipendenza del popolo americano. Cosa c’entra questa lontana storia con quella dei nostri giorni? Partiamo dal 2001: gli USA, devastati dal consumismo, dalle potenti lobby in combutta, dalle guerre, dal debito e dalla disoccupazione, sono tenuti in piedi dal laborioso regime popolare cinese. Sono lontani gli anni dell’altruismo degli States in piena guerra fredda, verso l’Europa regna l’indifferenza dettata dal bisogno più che dall’egoismo. Dall’altra parte dell’Atlantico i governanti di Germania e Francia, profittando dell’impotenza dell’ex Potenza, si contendono il primato dei meno peggio in Europa, nel bel mezzo della crisi dei valori prima che del debito. Nella triste e malata Europa, al pari degli USA, politici e burocrati paiono tutti presi a preservare sé stessi e le loro corti, noncuranti della situazione di precarietà e bisogno della gente, proprio come accadeva alle colonie americane del XVIII secolo. Con la differenza sostanziale, che se allora gli americani si facevano ricchi, oggi – in Europa come negli States – il popolo diventa sempre più povero. E la politica sempre più distante. Poichè l’Europa, ad esempio, chiede sacrifici alle nazioni in nome dell’unione socialista monetaria, in Italia il governo della rivoluzione liberale tassa redditi, consumi, salute e risparmi del popolo, preservando con colpi di mano privilegi ed emolumenti per la casta. L’opposizione intanto, che non sa che pesci pigliare, fa il sindacato di sinistra, laddove il sindacato di sinistra cerca di darsi un senso proclamando lo sciopero generale, “nel rispetto della crisi”. E mentre in casa regna il caos, il downgrade politico bussa alla porta, senza che nessuno voglia ascoltarlo. Come non bastasse, a causa del mal di stato i già tartassati risparmi popolari si volatilizzano con la volatilità di politici e mercati. Tutti questi attori hanno in comune lo stesso vizio recondito: vogliono rappresentare senza rappresentare, proprio come accadeva nel lontano XVIII secolo fra inglesi ed americani, prima della dichiarazione di indipendenza. Ora come allora, i politici – a volte in corteo coi sindacati per confondersi – fungono da colonizzatori del popolo, sia a livello continentale che nazionale. Ora come allora, manca la rappresentanza che permette all’Europa ed agli stati nazionali, per ragioni diverse, di legittimare l’imposizione di sacrifici e tasse al popolo sovrano. Se allora i colonizzatori inglesi imponevano tasse senza il consenso delle assemblee dei popoli colonizzati, oggi con la copertura delle fittizie assemblee parlamentari – o perché non elette dal popolo, vedi l’Italia, o in quanto prive di poteri effettivi, vedi in Europa – si portano avanti politiche prescindendo dalle necessità ed istanze delle nuove colonie. L’assenza di rappresentanza sostanziale, sia a livello nazionale che europeo, è una delle ragioni che toglie al popolo la volontà di contribuire al fabbisogno pubblico, soprattutto in tempi di crisi. Il popolo americano rispose con l’indipendenza alla sordità dei coloni inglesi, si faccia in modo che Europa ed Italia non rispondano oggi con la divisione e i campanilismi alla miopia di una politica che comanda senza rappresentare, a volte abusando dello scudo delle istituzioni.
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