La vicenda della mancata elezione di Matteo Renzi a rappresentante regionale toscano per l’elezione del Capo dello Stato è grave per una infinita serie di motivi, ma è anche perfettamente naturale: scritta nelle cose.
Il Pd se deve scegliere tra Matteo Renzi, 38enne punta di diamante del rinnovamento e di un futuro di possibili vittorie, e Alberto Monaci, deputato della decima legislatura che va per i 73 anni e ha attraversato tutte le tristi vicende del Mps, vota e sceglie Monaci.
E’ l’ennesima incredibile prova di come il corpaccione del Pd non abbia minimamente capito quanto l’Italia sia stravolta. Ma l’errore è sorprendersi.
Ho cominciato a capire che la grande avventura renziana sarebbe stata stritolata da questo Pd il 6 ottobre 2012. Data decisiva, che in pochi ricordano.
Il 6 ottobre venne convocata l’Assemblea nazionale in cui si votarono le regole delle primarie. E’ l’Assemblea del “mi fido di Bersani”. La sera prima Matteo spiega a me e ad altri che avremmo alla fine accettato il regolamento proposto, magari si fingeva un po’ d’ammuina, ma alla fine si accettava. Io preferii allora non presentarmi in Assemblea.
Sapevo che ci avrebbero fatto bere un papocchio che preparava la sconfitta e che noi avevamo una sola arma per evitarlo: mettere sul tavolo la pistola carica della rottura definitiva.
Se il 6 ottobre avessimo detto “o ci date primarie aperte, con le regole di sempre, o noi ce ne andiamo” avremmo cambiato la storia d’Italia: avremmo o ottenuto le primarie con le regole normali (quelle di Prodi e di Marino per capirci) e Matteo le avrebbe vinte a mani basse, oppure Renzi si sarebbe candidato premier direttamente chiedendo il consenso del paese e avrebbe vinto le elezioni, salvato l’Italia dallo stallo dei perditempo, evitato l’aggressione della speculazione internazionale che tra poco si abbatterà sul paese.
Renzi avrebbe ridotto in cenere Berlusconi e pure Bersani, ridimensionando Grillo. Invece, il 6 ottobre Renzi in nome dell’unità del Pd chiese ai suoi di accettare regole burocratiche folli che favorivano solo Bersani con il suo tortello magico e la storia è andata come sapete.
L’azione di logoramento del Pd su Renzi prosegue e rischia di risucchiare il miglior campione dell’ultimo possibile rinnovamento della politica dentro un gorgo da cui uscirà troppo tardi: Bersani e Berlusconi si metteranno d’accordo contro di lui, il congresso del Pd verrà convocato contro di lui, le auspicate primarie per la premiership saranno rinviate almeno di un anno. All’appuntamento Matteo arriverà già decotto, gli toccherà al massimo un altro mandato da sindaco di Firenze e poi si dovrà acconciare a diventare uno dei tanti che avevano in mano il biglietto della lotteria e l’hanno perso.
Caro Matteo, è ora di andare, di sparigliare per davvero.
Questo Pd, più che mai il Pd con i gruppi parlamentari bersanizzati dalle primarie farlocche di Natale (quelle in cui si è chiesto a Franco Dalia di votare Stefano Fassina e ce le hanno raccontate come prova del consenso dei giovani turchi), non sarà mai il partito che potrai guidare alle elezioni.
La tua coalizione è composta dei ventinove milioni di italiani nati dopo il 1970 che sono stati mandati al disastro da classi dirigenti inamovibili e marce, che credono solo alle tre P: Permanenza, Potere, Privilegio. Per spazzarle via l’operazione di partito non funziona: l’hai tentata, ma non funziona. Ti preferiranno sempre un Alberto Monaci, perché Alberto Monaci è uno di loro, tu non lo sarai mai.
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