Ora che il Cavaliere è arrivato al termine della sua cavalcata, se è presto per un ponderato giudizio sul suo operato, che solo il tempo potrà restituire, possiamo però fissare alcuni punti. Certo la sua vita è stata una cavalcata, con tanti successi, tanti errori e anche sconfitte, ma non si può negare che nel bene e nel male abbia plasmato in parte il Paese. E’ stato un imprenditore geniale, in un campo nuovo e non tradizionale come la televisione, certo la politica lo ha aiutato, ma si trattava di rompere un monopolio e differenza degli Agnelli, che lo guardavano con sufficienza e di De Benetti, che proprio non lo sopportava, non ha scaricato i suoi costi sullo Stato, come Fiat e Olivetti, né ha portato la sua sede fiscale all’estero, gli Agnelli in Olanda e De Benedetti in Svizzera. Certo è stato condannato per evasione fiscale, ma nessuno si è indignato per il patrimonio all’estero dell’Avvocato, scoperto dopo la sua morte, né si ricorda quanto è costato agli italiani il fallimento del Monte dei Paschi, opera degli uomini del Pci prima e del Pd poi, fallimento su cui la magistratura è stata silente. Come accaduto peraltro per i numerosi fallimenti delle cooperative “rosse”. E’ stato un innovatore di grande successo anche nel campo dello sport e della finanza, col Milan e Mediolanum. Anche nel campo della politica è stato un debuttante di successo. Dopo tangentopoli, sia stato per volontà o per uno strano caso, era rimasto in piedi un solo partito, il Pci, di cui tutti pronosticavano la vittoria. Come non ricordare la gioiosa macchina da guerra di Occhetto e la previsione di D’Alema di un Berlusconi in miseria sotto un ponte. In pochi mesi ha inventato, più che un partito, una casa per gli orfani del pentapartito e ha vinto le elezioni. A suo merito va anche l’aver portato nel gioco democratico, due partiti fuori da quello che era allora l’arco costituzionale, la Lega Nord e Alleanza Nazionale. Poi ha vinto e perso in quel gioco bipolare di cui era stato l’inventore e dopo aver vinto è spesso caduto dalla sedia di primo ministro, come peraltro accaduto anche al suo grande competitor Romano Prodi e come lui a causa degli alleati, Bossi prima, poi il duo Casini-Follini, infine Fini, ma anche perché governare l’Italia non è semplice, soprattutto per uno che voleva compiacere e piacere agli elettori. Certo la rivoluzione liberale che aveva gonfiato le sue vele, non si è mai realizzata, un po’ a causa degli alleati e anche per il trentennale scontro con la magistratura, su cui solo il tempo ci permetterà un giudizio compiuto. I suoi avversari lo accusano di essere stato divisivo, è vero, ma i politici di rilievo sono divisivi: De Gasperi, Togliatti, Fanfani, Renzi, Grillo. E’ una classifica temporale, non valoriale. Di certo poteva risparmiare a noi e a se stesso la caduta delle olgettine, non solo per un problema morale, che pure ha la sua importanza, ma perché da premier doveva comportarsi con dignità e onore, a prescindere dal can can giudiziario che poi non è approdato a nulla, ma ha consentito ai suoi avversari di osteggiarlo e di dipingerlo peggiore di come fosse. Lascia in eredità al Paese il bipolarismo ed è stato indubbiamente il creatore del centro-destra, che resterà anche se dubitiamo che la sua creatura politica diretta, Forza Italia, gli sopravviva a lungo, almeno nella forma attuale. Non lascia eredi politici, ma questo è un bene, in politica le successioni si conquistano e la Meloni lo ha dimostrato, magari anche a sorpresa come la Schlein. Poi il tempo dirà se te le meriti. Di certo non possiamo fermare il nostro giudizio alla sola azione di governo, né alla battaglia con la magistratura milanese, per giudicare l’operato di una lunga vita. Potrà piacere o non piacere, ma l’uomo Berlusconi, come lo ha definito nell’omelia l’Arcivescovo di Milano, resterà nella storia di questo Paese e non solo per essere stato il Presidente del Consiglio più longevo del dopoguerra.
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