Caro amico ti scriviamo. Così cominciava la bella lettera della Bce, inviata a Silvio Berlusconi e firmata da Draghi e Trichet. Gli scrivevano per invitarlo a non fare il furbo, rinviando il pareggio di bilancio alle calende greche, così facendo, giustamente i mercati ci avevano trattato come la Grecia. Gli ingiungevano, senza tanti giri di parole, di approntare un decreto serio e portarlo in quell’aula caciarona, costosa e poco seria, che si chiama Parlamento e farlo votare di corsa, prima che a qualcuno venissero in mente nuove furbate.
Il testo è stato tenuto riservato e ciò ha consentito a tutti, all’indispettito Tremonti, come all’opposizione, di sussurrare o gridare contro il diktat europeo e la limitazione della nostra sovranità nazionale. Ci è solo stato risparmiato il complotto giudaico-massonico, forse perché l’infantilismo radicale era ancora in ferie. Sembrava di essere tornati nel ventennio, con la Bce al posto della perfida Albione, solo che allora una ricetta, anche se non straordinaria, l’avevano ed era l’autarchia. Oggi il Premier gira in Audi, la scorta in Volkswagen e pure le escort sono sovente d’importazione. Realista od opportunista, secondo i gusti, Berlusconi si è presentato in tv per dire che la missiva era pervenuta e lui l’aveva seguita appunto alla lettera. Oggi scopriamo che la Bce non chiedeva di aumentare le tasse ad un Paese che ne paga già troppe. Chiedeva ben altre cose: ridurre lo stipendio ai dipendenti pubblici, privatizzare i servizi locali, rendere più stringenti i criteri per le pensioni di anzianità, introdurre indicatori di performance nel pubblico impiego, in particolare nei settori giudiziario, sanitario e scolastico, che valgono centinaia di miliardi di euro di costo ed erogano sovente servizi da terzo mondo. La lettera parlava inoltre di maggiore flessibilità nei licenziamenti e salari di disoccupazione. Insomma, chiedeva di togliere garanzie a chi ne ha in eccesso per darne a chi non ne ha alcuna. La maggioranza, sotto la guida illuminata di un Bossi caduto dal letto, se n’ è bellamente “fottuta”, ma pure l’opposizione supponiamo sia rimasta stranita alla lettura del documento, mentre sfilava sotto le bandiere della Cgil, assaporando l’imminente ritorno al potere. Di certo la lettura deve avergli fatto andare di traverso lo spumante, ve li immaginate Vendola, Di Pietro e Bersani, che tagliano lo stipendio ai dipendenti pubblici? Verrebbe da dire un sonoro nooo, eppure anche Papandreu è andato al potere promettendo aumenti di stipendio ai dipendenti pubblici e migliori pensioni ed ora taglia gli uni e le altre. La lettera che doveva sfrattare Berlusconi rischia di sfrattare tutta la politica, ad eccezione di Prodi. Lui diverrà Presidente della Repubblica, infatti com’ è accaduto nel 2006, la sinistra, dopo aver vinto le elezioni, formerà un governo, occuperà tutte le cariche istituzionali, metterà qualche patrimoniale ed appena tirerà fuori dal cassetto la lettera della Bce, come nelle occasioni precedenti, salterà per aria.
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