Non è un periodo facile per il Partito democratico americano
Nonostante sia riuscito a riconquistare la maggioranza alla Camera dei Rappresentantialle ultime elezioni di metà mandato, l’Asinello continua a trovarsi in una situazione caotica che sembra impedirgli di seguire una linea coerente e unitaria.
LE DIVISIONI TRA CENTRISTI E SINISTRA TRA I DEM
Innanzitutto, l’ormai atavica lotta tra i centristi e la sinistra non accenna minimamente a placarsi. Queste due galassie appaiono infatti sempre più distanti, mostrandosi fondamentalmente incapaci di instaurare un dialogo e – men che meno – di arrivare a una sintesi di carattere programmatico. I dossier divisivi non sono pochi. In primis, sul tavolo c’è la questione sanitaria: se i centristi hanno scelto di muoversi in senso conservatore limitandosi alla difesa di Obamacare, i radicali sono invece più propensi alla creazione di un sistema sanitario universale. Un altro elemento fonte di dissidio è poi il Green New Deal, il corposo piano ambientalista principalmente propugnato dalla neo deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez: se la sinistra si dice tendenzialmente convinta da questa proposta, le correnti centriste risultano invece piuttosto scettiche, considerandola nulla più che un esempio di demagogia utopistica.
L’ALA RADICALE È SOVRARAPPRESENTATA
È chiaro che queste profondissime divisioni programmatiche rischiano di produrre serie conseguenze anche sulla campagna elettorale per le primarie democratiche del 2020. Non solo, già oggi, si assiste a un elevatissimo numero di candidati. Ma, più nello specifico, è chiaro che tra i competitor l’ala radicale risulti sovrarappresentata, laddove – al contrario – di centristi al momento non si vede neppure l’ombra.
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A rappresentare le correnti moderate, si sa, dovrebbe essere Joe Biden. Ciononostante l’ex vicepresidente continua a tentennare, temporeggiando e innescando così una serie di forti dubbi sulla sua effettiva volontà di scendere in campo. Forse perché è consapevole che, in caso di una sua (probabile) candidatura, gli attacchi maggiori rischierebbero di arrivargli proprio dal fuoco amico del suo stesso partito.
BIDEN SI GIOCA LA CARTA OBAMA
Non è un mistero che Biden sia considerato dalla sinistra spregiativamente come un professionista della politica, oltre che un’inaccettabile espressione dei poteri forti e dei grandi finanziatori. Senza contare che, nelle ultime settimane, la sua lunga carriera politica è stata profondamente scandagliata, in quanto considerata troppo destrorsa per i gusti della Base liberal. Biden, dal canto suo, sa perfettamente di avere alle spalle un passato da senatore (forse troppo) centrista: il suo obiettivo è chiaramente quello di puntare tutto sulla sua attività di vicepresidente, per legare il proprio nome a una figura – quella di Barack Obama – ancora discretamente popolare tra i dem. Il punto è che questa strategia potrebbe non bastare. La sinistra dem si fa ogni giorno più vigorosa e sempre meno disposta ad accettare compromessi di sorta.
I DOLORI DI NANCY PELOSI
In questo complicato quadro, la speaker della Camera Nancy Pelosi cerca di barcamenarsi come può, tentando di non scontentare nessuna delle varie correnti interne all’Asinello. Questa sua inevitabile oscillazione finisce comunque spesso con l’irritare tutti i settori del partito, col risultato che le fibrillazioni sono ormai all’ordine del giorno. E gli episodi di questo malessere non si contano più. Alcune settimane fa, una ventina di deputati democratici centristi aveva annunciato di voler sostenere una proposta repubblicana, finalizzata a far sì che eventuali tentativi di acquisto di armi da fuoco da parte di immigrati irregolari dovessero essere notificati all’Ice (l’agenzia federale preposta al controllo dei confini). La cosa ha creato una spaccatura interna profondissima: non solo i democratici “ribelli” sono stati duramente redarguiti da Nancy Pelosi per aver rotto il fronte, ma Ocasio-Cortez ha addirittura invocato la stesura di una lista con i deputati democratici che non si allineano a una non meglio precisata disciplina ideologica. Una proposta che – neanche a dirlo – ha scatenato fortissimi malumori nel partito.
LA SPACCATURA SU ILHAN OMAR
Ma non è tutto. Perché, a febbraio scorso è esploso il caso di Ilhan Omar, neo deputata musulmana democratica, che è stata attaccata per aver criticato la tradizionale politica americana nei confronti di Israele. I centristi hanno condannato la sua affermazione definendola antisemita, laddove svariati esponenti della sinistra – a partire dal senatore Bernie Sanders – hanno preso le sue difese.
MURO E RUSSIAGATE INDEBOLISCONO I DEM
Insomma, per Nancy Pelosi non è affatto facile tenere insieme il suo rissoso partito. Soprattutto adesso che i dem hanno subito due sconfitte non indifferenti. Non solo Donald Trump è riuscito a sbloccare i fondi per la costruzione del muro al confine con il Messico, aggirando la contrarietà del Congresso grazie al veto presidenziale. Ma il fatto che l’indagine del procuratore speciale Robert Mueller abbia scagionato il presidente dall’accusa di collusione con la Russia non è stato un colpo di poco conto per l’Asinello. Negli scorsi mesi, Russiagate ha rappresentato un fondamentale fattore coesivo per il partito democratico. Ora i dem dovranno scegliere se continuare ad aggrapparsi alle inchieste di carattere giudiziario (come, pare, suggerisca il presidente della commissione Intelligence alla Camera, Adam Schiff) o se magari cercare di impostare l’opposizione a Trump su questioni di natura politica.
LA DIFESA DELL’OBAMACARE
Uno spiraglio, sotto questo aspetto, potrebbe aprirsi proprio sul problema della sanità. Negli ultimi giorni, la Casa Bianca ha infatti annunciato di voler procedere al completo smantellamento dell’Obamacare. Una linea che ha lasciato perplesso lo stesso Partito repubblicano. E che potrebbe consentire all’Asinello un interessante margine di manovra. Purché non continui a sprofondare nelle faide fratricide.
Da Lettera 43