Che Tsipras abbia vinto le elezioni greche è fuori discussione, come il fatto che si sia trattato di una vittoria travolgente. La crisi ha portato per la prima volta al governo di un paese dell’euro una delle “estreme”, del resto chi non ha più nulla se ne frega del corso dell’euro e delle turbolenze sui mercati. Tsipras ha promesso cose ragionevoli: assistenza sanitaria per tutti e altre meno, scala mobile, ancora oggi gli stipendi greci sono più alti di quelli dei Paesi dell’Est della comunità. Per fare qualsiasi cosa dovrà negoziare con la Troika, lo dicono i numeri: negli ultimi otto anni il pil greco è sceso del 25%, il debito è salito al 180%, il rapporto deficit-pil è al 12%, dovrebbe stare al 3%. Dal 2010 al 2012 la Grecia ha ricevuto prestiti per 240 miliardi di euro, nel 2012 ha ristrutturato il debito, colpendo i privati e non gli Stati, oggi i privati sono scesi dal 59 al 17 del debito, gli Stati dell’ eurozona sono al 62, la Bce all’11 e il Fondo monetario al 10.
E’ chiaro che ora il pasto lo devono pagare gli Stati, soprattutto dell’ eurozona, che detengono il 73% del debito. Tsipras lo pretenderà, pur avendo i soldi per pagare gli stipendi fino a giugno, ma gli altri lo concederanno. Qualcosa cambierà, di certo in Grecia la Troika non firmerà nulla, se non verrà stroncata l’evasione fiscale, che è a livelli stratosferici e se non continuerà le politiche di tagli. Non sappiamo neppure se la Troika potrà firmare una ristrutturazione, pagata anche da Stati in difficoltà come l’Italia, sapendo che anche questa ristrutturazione sarà inutile, la Grecia non potrà mai andare in attivo, se non con la scomparsa della Grecia stessa. I mercati temono il contagio delle concessioni, se dai a Tsipras, poi devi dare a Renzi, ecc… Dovrebbero invece temere la permanenza della Grecia nell’euro, perché o si socializza il debito e il problema greco annega nel calderone, oppure ogni manovra serve a guadagnare tempo. Quando fallì la California, un gigante economico, il sistema federale la mise in sicurezza. Non resisterà all’infinito un’unica moneta senza un unico Stato, Draghi lo sa e compra tempo, nella speranza che anche la politica lo capisca
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