La tragica follia del cavaliere rischia di far affondare il Paese

berlusconiLa parabola politica di Silvio Berlusconi sta finendo nel peggiore dei modi possibili, a tutto danno del Paese e nel reiterato tentativo di violare l’architettura costituzionale dello Stato. Le dimissioni imposte e intimate ai ministri espressione del pdl( e- al momento in cui scriviamo- pare non totalmente accolte bene dal alcuni ?! )si fondano su una motivazione inconsistente: la decisione del premier Enrico Letta di non cassare l’aumento di un punto percentuale dell’Iva dal primo ottobre a causa delle minacciate dimissioni dei parlamentari del Pdl.

Le ossessioni fiscali del Pdl berlusconiano, però, se possono essere  appena comprensibili per gli effetti sulla ricchezza accomulata dal “ ricco epulone “ di Arcore (si veda il Vengelo di Domenica 29 settembre), sono in effetti soltanto un pretesto per celare i veri obiettivi di Berlusconi: ricevere una qualche forma di “salvacondotto “ normativo o presidenziale, se non violando la legalità costituzionale, che Napolitano non farà mai, a un percorso giudiziario ormai segnato anche per altri processi in corso (Ruby e dintorni).

E siccome avverte che non riceverà questo salvacondotto, dismette anche i panni del leader politico responsabile che ha fatto nascere il governo delle larghe intese e che per mesi ha sentenziato e garantito: le mie vicende giudiziarie non influiranno sull’esecutivo di responsabilità nazionale che ho auspicato fin dopo le elezioni ! In ciò spalleggiato da un manipolo di sfegatati dirigenti della nuova Forza Italia, che a nulla importo il bene del paese, ma solo la loro carriera personale e politica.

Il redde rationem dettato dall’ex premier fa cadere la politica e le istituzioni italiane in un abisso foriero di incognite ma che ha una certezza: la conclamata irresponsabilità di una leadership che ha deciso di essere ricordata, evidentemente, per l’avventurismo di fine carriera, per il reiterato abuso di potere, per la costante azione demolitoria dello stato di diritto ( la legge è uguale per tutti ), e che purtroppo ho potuto governare per quasi 19 anni,  grazie agli illusi ed ingenui elettori, paladini della sua- mai voluta realmente- rivoluzione liberale dell’Italia , che aveva annunciato nel 1994 quando era sceso in campo.

Quanto costa allora agli italiani? Nella loro veste di contribuenti, consumatori, risparmiatori, salariati e partite Iva. La domanda viene immediata.

Il calcolo è complicato e si tratta in ogni caso di una esercitazione ipotetica. Ma prendiamo, come punto di riferimento, la stima della crisi del 2011-2012 fatta da Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia nell’ultima assemblea generale. Ecco le sue parole:

“La correzione (del disavanzo pubblico, ndr.) ha inciso negativamente sulla dinamica del prodotto nel 2012 per circa un punto percentuale. Hanno inciso di più, per circa due punti, gli effetti della crisi di liquidità sul costo e sulla disponibilità del credito per il settore privato, il rallentamento del commercio internazionale, l’aumento dell’incertezza e il connesso calo della fiducia. La correzione dei conti pubblici ha contribuito a ridimensionare le tensioni sul mercato dei titoli di Stato, evitando scenari peggiori”.

Di quei due punti in meno, la stessa Banca d’Italia stima che mezzo punto sia dovuto alla frenata sul mercato mondiale. Dunque, la guerra dello spread – in altre parole la sfiducia dei mercati, l’ondata di vendite dei Btp cominciata nella primavera del 2011, e arrivata al culmine a novembre spingendo Silvio Berlusconi a dimettersi – è costata un punto e mezzo di prodotto lordo, grosso modo 21 miliardi visto che il pil è attorno ai 1.400 miliardi di euro. Un punto, cioè circa 14 miliardi, si deve alla stangata “non evitabile “ di Mario Monti. Tenendo conto che la domanda estera migliora e ci sono meno tensioni sui mercati finanziari, adesso potremmo sperare di non subire la penalizzazione di mezzo punto (circa 7 miliardi), dovuta alla congiuntura internazionale.

Ma se volessimo trasportare l’analisi di Visco alla situazione attuale, nel caso in cui scoppiassero tensioni sul debito italiano della portata di quelle del 2011, ebbene il costo della crisi non sarebbe lontano dai 21 miliardi di euro pagati un anno e mezzo fa alla irresponsabilità politica.

Attenzione, se scatta l’aumento dell’Iva e se anche il taglio dell’Imu sulla prima casa viene rimesso in discussione dal governo d’emergenza, guidato da Enrico Letta o da Mister X, che dovrà preparare le elezioni, altri sei miliardi escono dalle tasche degli italiani e riducono di un ammontare equivalente la domanda interna. Nessuno è sicuro, poi, che non ci vorrà un nuovo giro di vite con la legge di stabilità che andrà comunque fatta, per tenere il deficit pubblico sotto il tre per cento del pil. La settimana scorsa si parlava di 14 miliardi tra tagli e tasse nel 2014

Se la crisi di governo, dopo la verifica in Parlamento, non sarà superata  costerà cara agli Italiani. Su questo non c’è da farsi illusioni. Ecco dove sta la follia di Berlusconi,e.solo valutando gli aspetti economici, senza guardare a quelli etici e poltici! Il frutto marcio, con il  massimo di irresponsabilità e di cinismo,  di una persona che crede e presume di essere un grande statista. Ma chi, in questa angosciante situazione, mi fa meravigliare di più, a non avere un sussulto di dignità,  a non dire nulla,  sono i suoi accoliti( a partire dagli oltre 200 parlamentari eletti nelle liste del Pdl).

Lo sgomento e la tristezza, in questo momento, non devono però  avere il sopravvento sull’indignazione. E’ spontanea e necessaria quest’ ultima, ma non è sufficiente per rompere gli abbagli e gli innamoramenti di una parte di opinione pubblica ancora, speriamo per poco,  succube dello spregiudicato Cavaliere. Occorre una dimostrazione più forte, da parte delle forze sane, contro chi  è disposto ad usare tutti gli strumenti, anche i più illeciti, per salvarsi da una sentenza non più appellabile. Per uno che vuole essere ricordato come statista (ha avuto la spudoratezza di paragonarsi a De Gasperi!) la condanna per evasione fiscale (acclarata in tre livelli di giudizio) è una contraddizione logicamente insostenibile.