Quando Winston Churchill, un’ottantina di anni fa, coniò l’aforisma secondo il quale “la democrazia è un pessimo sistema di governo, ma tutti gli altri sono peggio “, non aveva ancora potuto osservare il difetto più grave della democrazia, che è quello di rinnegare il suo principio fondante. Questo principio si riassume nel concetto di uguaglianza dei cittadini che ne fa i detentori della sovranità e, quindi, in grado di orientare la politica dello Stato. La realtà dimostra, invece, che la disuguaglianza (non solo economica) aumenta e, soprattutto, che a prendere le decisioni sono i più forti.
Così la legge si riduce ad essere la manifestazione della volontà del più forte, soprattutto di chi in un dato momento è il più forte. Gli esempi, passati e presenti, italiani non hanno bisogno di commento ! La vicenda della scoperta della “mafia romana” conferma che lo “Stato di diritto”, su cui la democrazia si fonda e che a sua volta rafforza, è stato ridotto a vivere nella “terra di mezzo”, tra i poteri “forti” ufficiali, pubblici, e poteri “forti” clandestini, criminali. Le istituzioni – parliamo di consigli comunali, regionali, ma potremmo salire fino ai parlamenti o agli organismi internazionali esovranazionali – sono diventate la stanza di registrazione delle volontà di questi due tipi di poteri che da esse, utilizzando diverse forme di pressione e ricorrendo ad alleanze non dichiarate e talvolta complicate da raggiungere, inducono a prendere quelle decisioni che tornano più a favore dei loro interessi.
Schematicamente, nulla impedisce che si stabilisca un’alleanza tra una multinazionale (potere forte ufficiale, pubblico) e una banda criminale che controlla un territorio per favorire i disegni di investimento (immobiliare, produttivo, commerciale) della prima. Le autorità locali – i comuni, le regioni, le leggi dello Stato, gli organismi sovranazionali, ecc. – verranno poi a mettere il timbro dell’ufficialità e della legalità su un risultato ottenuto sul campo facendo ricorso semplicemente all’uso della forza sotto tutte le forme. Non era nemmeno questo il concetto di Stato arbitro del liberalismo. Siamo alla privatizzazione o subordinazione dello Stato all’alleanza dei poteri forti “alti” e “bassi”.
Le grandi multinazionali (produttive, commerciali e finanziarie) hanno giù istituito, a livellomondiale, un proprio circuito giurisdizionale; allo stesso modo che un’organizzazione criminaleamministra la sua “giustizia” in un territorio circoscritto. Chi può opporsi alla loro alleanza e allaforza congiunta che ne deriva? L’amministratore pubblico che volesse fare l’eroe resistendo sia alle minacce sia alle tentazioni, potrebbe essere eliminato fisicamente senza difficoltà, ma più facilmenteaggirato dai poteri sovraordinati che lo circondano con promozioni, rimozioni, trasferimenti o nuoveleggi e regolamenti che ne rendono impotente o impossibile la resistenza. Da tempo è di moda prendersela con la burocrazia: il premier italiano Matteo Renzi ce l’ha sia con quella italiana sia con quella europea. Per molti aspetti ha ragione, ma non del tutto ! La classe poltica ha fatto di tutto per avere più un burocrazia servile e gregaria che competente e indipendente.
Sappaimo tutti come è andata a finire la riforma Bassanini a proposito dei “nuovi manager “ pubblici, in larga misura solo ben pagati ma soprattuto fedeli al capo politico che li ha nominati ( ad es. i direttori generali delle AUSL in Emilia- Romagna, non vengono da una selezione pubblica ma dal rapporto di fiducia con il presidente della Regione! ). Ma il punto è che la burocrazia ha da sempre costituito l’esercito permanentedello Stato e la sua unica forza è statala legge (di solito inappuntabile sul piano formale), che però è efficace se un giudice e un carabiniere sono pronti a farla rispettare. Ora, distruggere la burocrazia – che è cosa diversa dal mettere in mano al singolo cittadino un potere reale per proteggersi sia dai suoi abusi sia dalle sue omissioni –equivale a distruggere lo Stato, a schiacciarlo ancora di più in quella “terra di mezzo” dove si èridotto.
Di conseguenza occorre essere cauti nel dannare la burocrazia in quanto tale e non la sua degenerazione in una casta perennemente in vendita nelle “terre di mezzo” coincidenti con i templi “latomistici” o nelle trattorie alla amatriciana. Gettare l’acqua sporca, va bene.Ma prima stiamo accorti a togliere il bambino dalla bacinella. I tribunali internazionali o di nazioni più forti potrebbero diventare pericolosi e alieni “mitici” risolutori di un problema che non si riesce a risolvere in patria. I soldi “estorti” allo Stato argentino in default da un tribunale… newyorkese, a favore di unospeculatore internazionale, lo ha ben dimostrato pochi mesi or sono.Servirebbe, invece, un allineamento delle normative bancarie, fiscali, civili, penali, amministrative e burocratiche che, come il caso Juncker-Lussemburgo ben dimostra, tardano a venire e rendono insicuri i conti economici di ciascun Paese. La contestata iscrizione in bilancio di somme recuperabili dalla elusione e dalla evasione fiscale avanzata l’altro giorno dal governo Renzi lo certifica.Un Paese come il Lussemburgo, al pari di tanti altri, che “protegga” con norme lassiste molte pratiche fiscali elusive, ammantate di incredibile legalità, lo dimostra.
In questa direzione vanno, naturalmente, le polemiche e il il discredito che ne deriva quando sono coinvolti i partiti, i sindacati, la magistrature, la forze dell’ordine, il governo, il parlamento, ma pure il mondo delle cooperative e del volontariato. Chi è consapevole di che cosa ci attende alla fine di questo viaggio di demolizione dello Stato di diritto? Prima di pensare alle grandi riforme ( bicameralismo, legge elttorale, riforma della P.A. )che poi rischiano di rimanere sulla carta od uscire pasticciate, occore piuttosto moderare la politica degli anninci, e passare alla politica dei fatti, non con la “tecnica” legislativa della scure del boscaiolo, ma con il fine scalpello dello scultore; nei rapporti fra politica e burocrazia, come insegna la brutta vicenda romana, il diavolo spesso si nasconde nei particolari e nella disonestà criminale del mondo che ci sta intorno.
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