Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, classe 1943, è un economista ed un accademico; Presidente dell’Università Bocconi, è stato Commissario europeo per il Mercato Interno e, durante la presidenza di Prodi, ha svolto il ruolo di Commissario Europeo per la Concorrenza, fino al 2004; Monti è inoltre un uomo dalle vaste relazioni internazionali, maturate, in particolare, durante la sua esperienza europea, ma non solo: tra il 2005 e il 2011 Monti è stato, infatti international advisor per la banca d’affari statunitense Goldman Sachs.
Questa premessa è utile per comprendere gli attuali scenari economici a partire dal “siluro” lanciato dall’agenzia di rating Standard & Poor’s all’Europa ed in particolare all’Italia.
Intanto bisogna sfatare un mito: Standard & Poor’s, così come le sue sorelle, tutte statunitensi, non rappresentano l’oracolo di Delfi, invaso da furore profetico, ma esprimono interessi economici e finanziari ben precisi e più di una volta hanno clamorosamente sbagliato le loro valutazioni: così è stato per Parmalat, come per la banca d’affari statunitense Lehman Brothers, clamorosamente fallita dopo che l’Agenzia gli aveva attribuito, fino all’ultimo, la tripla A di affidabilità.
Non ritengo però che il bersaglio, del gruppo di interesse cha sta dietro Standard & Poor’s sia politico, ossia riguardi il Governo Monti; in realtà l’obiettivo mi sembra prevalentemente economico e speculativo.
Oltretutto, il declassamento dell’agenzia nei confronti dell’Italia è avvenuto prima che il Governo ponesse in essere il suo programma legato alle liberalizzazioni; quindi, a meno che l’agenzia non disponga di una palla di cristallo che gli consenta di leggere il futuro, questo giudizio, più che prevenuto, mi sembra interessato.
Che il giudizio non sia stato motivato da valutazioni politiche ostili a Monti, lo ha confermato la stessa agenzia di rating che ha dichiarato: “L’Italia sconta l’alto debito e il basso potenziale di crescita, l’agenzia di notazione salva però l’azione dei primi mesi del governo Monti, a cui riconosce il coraggio delle riforme promesse e un’azione che potrebbe avere ripercussioni sull’intera Europa”.
Anzi, si potrebbe pensare che questo apparente siluro lanciato da Standard & Poor’s all’Italia, abbia avuto come principale scopo quello di sostenere l’azione di Monti: la drammatizzazione della situazione economica, così com’è stata presentata da Standard & Poor’s, può aiutare, infatti, Monti a vincere le resistenze al suo piano riguardante le liberalizzazioni e, successivamente, le privatizzazioni.
Questo declassamento ha il principale scopo di demotivare gli investitori, soprattutto quelli internazionali, ad acquistare i Titoli di Stato Italiani e di indurre chi già li possiede a venderli.
Se questo tentativo riuscisse, lo Stato italiano avrebbe maggiori difficoltà, sia a finanziare la spesa pubblica, in quanto incontrerebbe maggiori ostacoli a piazzare sul mercato i suoi Titoli, che a rientrare dal suo debito, poiché sarebbe costretto a pagare interessi crescenti.
A quel punto lo Stato italiano sarebbe costretto, per finanziare la spesa pubblica, a vendere i “gioielli di famiglia”, ossia le sue aziende pubbliche ed il suo patrimonio immobiliare.
In tale situazione sono certo che non mancherebbero le banche d’affari, forse anche la Goltman Sachs, interessate ad acquistare, a prezzi di saldo, le ricchezze dell’Italia.
Non si dimentichi mai, infatti, che gli speculatori si arricchiscono sulle difficoltà economiche dei Paesi, alla pari degli sciacalli.
Il declassamento di alcuni altri Paesi europei, oltre che dell’Italia, obbedisce alla stessa logica ed alla stessa regia
Il bersaglio non è dunque Monti ed il suo Governo, ma l’industria pubblica ed il patrimonio immobiliare italiano.
Per quanto riguarda l’Euro, non è un segreto per nessuno che i finanzieri americani hanno sempre guardato con insofferenza al crescere del valore della moneta europea rispetto al dollaro, per una serie di ragioni interne ed internazionali.
Ne consegue che un indebolimento economico dell’Europa e dell’Euro è guardato con favore oltreoceano: non a caso, uno dei candidati alle prossime elezioni presidenziali ha fatto suo lo slogan “non un dollaro sarà pagato per salvare l’Europa”. Non male per un Paese che con i prestiti ad alto rischio delle sue banche ed i fallimenti che ne sono seguiti, ha contribuito, in modo importante, a determinare l’attuale crisi economica internazionale. Una curiosità: la banca Goltman Sachs è nata dalla fusione di capitali statunitensi e tedeschi.
Devi accedere per postare un commento.