Di Pietro Mecarozzi
Parafrasando
Dino Basili, Forza Italia al momento è un disastro che, al microscopio, risulta
formato da una catena di errori apparentemente senza conseguenze. Ormai non ci sono
dubbi: il partito di Silvio Berlusconi sta andando a fuoco, e mentre
dall’esterno c’è chi soffia (più per attizzare le fiamme che per spegnerle), i
piromani responsabili hanno tutti la spilla tricolore attaccata al petto.
L’ennesima crepa, questa volta, arriva dopo l’Opa lanciata su Fi dal leader
leghista Matteo Salvini e dai suoi uomini: l’idea di una Lega Italia, non per
forza con questo nome ma intesa come ricettacolo del centro-destra, ha lasciato
molti berlusconiani senza parole, spaccando (se possibile) ancor di più la
parte moderata da quella pseudo salviniana. “Regna la paura”, avvisano alcune voci
interne, in un contesto dove oltretutto ci si “vende al miglior offerente,
quello in grado di sopravvivere alla prossima legge elettorale”.
Se l’idea della fusione è stata prontamente scartata dal leader del Carroccio,
per la famiglia Berlusconi, fonti interne assicurano che il brand del leghista
non dispiace, in quanto potrebbe tirar su le sorti non solo di un partito che
il sondaggio di Demos & PI per la Repubblica ha dato al 6,5%,
bensì dell’intero patrimonio Mediaset, adesso in mano ai figli e per molti il
vero motivo della remissività del Cav.
Insomma, un Forza Italia fagocitato dalla Lega solo un decennio fa sarebbe
stata considerata un’eresia, mentre adesso è pura questione di tempo. In attesa di un piccolo accorgimento:
ovvero chi mangia chi e come. Perché se le banali questioni, che
voci vicino a Berlusconi spiegano già essere finite al vaglio (dal logo che si
andrebbe a creare, al ruolo degli azzurri nella scuderia di Salvini), sono
dettagli da minuti che precedono la stretta di mano, il nodo cardine della
faccenda è capire come Forza Italia riuscirà a resistere fino al momento
dell’eventuale aggregazione.
La strategia di Salvini, con il veto messo sui fratelli Occhiuto e sulla loro
candidatura alle prossime regionali in Calabria, sembra essere quella di
sfiancare l’avversario, pardon l’alleato, per poi assorbire quel
che ne rimane senza troppi traumi o livori. E fin qui, il Capitano sta avendo la
meglio sul Cavaliere. L’idea, per molti, è quella “di portare a termine quanto di
ipotizzato ai tempi dal Pdl, così da uscire vincitori sia con il maggioritario
sia con il proporzionale”.
Con un’Italia Viva immobilizzata dalla questioni giudiziarie e dai sondaggi poco felici e un movimento del Sud ipotizzato da Gianfranco Rotondi troppo poco influente sui forzisti di spicco, l’alternativa per chi soffre la leadership di Salvini, sembra essere quello di una buona destra
Il niet sul sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, e poi sul fratello Roberto, vicepresidente vicario del gruppo forzista alla Camera, esponenti storici dell’area sudista e da sempre molto vicini a Mara Carfagna, ha fatto sì che la scelta ricadesse su Jole Santelli, vicesindaco di Cosenza, ovvero vice di Occhiuto. Una “manovra di palazzo”, definita così dal primo cittadino di Cosenza, confermata nel pomeriggio di ieri dalle dimissioni presentate dalla Santelli, altro indizio di una sua imminente discesa in campo. La quale, se di successo, porterebbe a Silvio Berlusconi una sola e unica responsabilità di indirizzo per la prossima tornata di elezioni regionali: Stefano Caldoro, in Campania. Che, tornando ai problemi domestici, porterebbe a nuove proteste da parte degli uomini vicini a Carfagna, la quale nel frattempo ha incontrato a cena la scorsa settimana una ventina di parlamentari di Forza Italia ostili alla confluenza nel progetto politico di Matteo Salvini. Da Renata Polverini a Andrea Cangini, passando per Maurizio Carrara, Luigi Casciello, Franco Dal Mas, Massimo Mallegni e Osvaldo Napoli, sono i malpancisti che chiedono a gran voce una nuova costola di Forza Italia, con a capo la vicepresidente della Camera dei deputati, che tuttavia è frenata da chi tieni i fili di molte operazioni di “assestamento” e di passaggio di senatori da Fi a Lega e Fratelli d’Italia che stanno segnando il Sud Italia, cioè Luigi Cesaro e Giovanni Miccichè.
Con un’Italia Viva immobilizzata dalla questioni giudiziarie e dai sondaggi poco felici e un movimento del Sud ipotizzato da Gianfranco Rotondi troppo poco influente sui forzisti di spicco, l’alternativa per chi soffre la leadership di Salvini, sembra essere quello di una buona destra. Teorizzato da Filippo Rossi, il direttore artistico del Festival Caffeina, il movimento della buona destra, per l’appunto, potrebbe superare il livello puramente concettuale e distendersi in un evento nazionale – molto probabilmente di scena a Roma – e in una casa politica per quei grandi delusi come Mara Carfagna, Giuseppe Moles, Carlo Calenda (con cui Rossi ha presentato il libro a Bruxelles), Stefano Parisi, Marco Taradash e Flavio Tosi. Non di poco conto anche la promozione sui social del movimento-evento da parte di Francesca Pascale, compagna di Berlusconi, che dopo il sostegno alle sardine lascia partire un’altra frecciata nei confronti della linea adottata dal Cav. Sempre più solo su una nave priva di timone.
Da Linkiesta
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