La carica dei diciotto dirigenti, del comune di Reggio Emilia, su ventuno, si è conclusa nel silenzio. Gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il che, detto sinceramente, non solo è un diritto, ma pure una corretta tattica difensiva, però sulla pubblica opinione la cosa ha avuto un impatto negativo. Chi avrebbe dovuto parlare erano invece i sindaci Delrio e Vecchi, per spiegare come questo sia potuto accadere. Speriamo che pure loro non si siano avvalsi o non si avvalgano della facoltà di non rispondere. Chi Ha parlato sui giornali è il vicesindaco, Matteo Sassi, per dire che lui si era battuto, dopo i rilievi della Corte dei Conti, per cambiare il regolamento, con l’appoggio di Vecchi e “l’ostruzionismo” dei dirigenti. Se è così, la responsabilità politica è tutta in capo alla giunta Delrio, che ora è capogruppo alla Camera dei deputati del Pd, non un signore di passaggio, a meno che Sassi, non abbia dato di matto, anzi di Matteo. Però la Giunta di cui Sassi è vice sindaco e Vecchi sindaco, ha sì ribadito la totale fiducia nell’operato della magistratura, ma anche in quello dei dirigenti indagati, che è come volere la botte piena e la Giunta ubriaca. Oppure è un abile tentativo di salvare tutti, scaricando la colpa sulla giunta Delrio, che non adeguò le norme, seguendo il filo della dietrologia politica, il ragionamento regge. A Reggio vincono i seguaci di Zingaretti, a cui nascostamente si è accodato il sindaco Vecchi, perdono quelli di Martina, portato per mano da Delrio. I primi vogliono ricomporsi con gli scissionisti di Sassi, che avrebbe scagliato la lancia, che trafigge il costato di Graziano San Sebastiano, per conto di Vecchi. Sassi però dovrebbe dirci quali dirigenti osteggiarono lui nell’opera riformatrice e se tra costoro c’era pure la dottoressa Sergio, consorte del sindaco uscente. La Giunta, sempre nel comunicato sopra citato, chiede ai magistrati di fare chiarezza, ma i cittadini dovrebbero chiederlo all’attuale sindaco e al suo vice, come speriamo faranno i magistrati. Dopotutto si tratta di delibere e regolamenti fatti da loro. Tra i diciotto figura anche l’architetto Magnani, che viene continuamente “accusato” di essere cugino di Delrio, ora non essendo esperti di genealogia, non possiamo né escluderlo, né confermarlo. Se si continua a scriverlo senza smentite, è possibile che sia vero. Questo architetto, cugino o no, deve però essere un mezzo genio, perché da giovane apprendista di bottega, si sarebbe detto una volta, è diventato di fatto il direttore generale del Comune, che un direttore non ha, forse perché visto all’opera il Magnani, nessuno ne ha sentito più il bisogno. Ora tutto questo successo, deve aver creato delle invidie, passi per le opposizioni, che fanno il loro mestiere e che promettono, in caso di vittoria, la sua cacciata, come Guaidò promette quella di Maduro, ma anche gli architetti sono in rivolta e i dipendenti del Municipio. Sporgendo le mani dalle sbarre dei loro uffici, invocano sottovoce la liberazione. I comitati poi lo accusano di aver sventrato la Piazza del Teatro, un bene pubblico, per far costruire ad un privato dei parcheggi sotterranei da vendere a privati, col risultato che il secondo piano interrato non ha l’agibilità e nessuno in Comune dice nulla, neppure il prode vice sindaco Matteo Sassi. Forse perché la Giunta deve trovare un avvocato che la difenda dalla richiesta danni per tre milioni di euro, da parte di Apcoa, che gestiva il parcheggio della Zucchi, prima che il Magnani e la Giunta lo affidasse al costruttore del Parcheggio Vittoria. Insomma, un bel pasticcio, su cui per ora pure il sindaco Vecchi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Visto che sono sulla pratica i magistrati inquirenti, potrebbero chiedere lumi anche su questa vicenda. Però sarebbe un modo di tirarli per la giacchetta e allora daremmo ragione al prode capogruppo del Pd Capelli, che nonostante abbia guai giudiziari, per aver autenticato firme che potrebbero risultare fasulle, offre il petto a difesa del Magnani e urla: non lo lasceremo processare sui giornali! Bravo, ha ragione, peccato che il Pd abbia sempre processato i suoi avversari politici sui giornali, per cui ora ha poco titolo per invocare il garantismo. Dirò di più: questa è l’unica provincia in cui si scioglie un comune per infiltrazioni mafiose, Brescello e non esiste un indagato tra gli amministratori e i dirigenti di quel comune. Un bel colpo di culo, non c’è che dire. Questa è l’unica provincia d’Italia, a mia memoria, in cui si celebra un processo a mafiosi o presunti tali, fino a sentenza definitiva, con pene che ammontano a quasi duemila anni di carcere e non vi è un amministratore o un dirigente comunale indagato. Siccome si trattava in entrambi i casi in prevalenza di esponenti del Pd, siamo contenti che nessuno sia stato coinvolto, ma Capelli converrà con noi che è stata una vera fortuna. Roba da guiness dei primati. In chiusura una cosa si può dire: che colpevoli o innocenti che siano i diciotto, se si scorrono i loro profili, si nota lo stretto legame tra politica e apparato e allora si comprende che oggi sia difficile distinguere le responsabilità, visto che non si capisce chi comandi chi.
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