La carica degli intellettuali meloniani e la chiusura della mente italiana

Francesco Cundari

Galli della Loggia se la prende con lo ius culturae. Ricolfi con l’establishment di sinistra che impone il politicamente corretto a tutta la società. Orsina già vede Giorgia Meloni a Palazzo Chigi

Sulla Stampa il politologo liberale Giovanni Orsina, già teorico della necessità di «romanizzare i barbari» leghisti e grillini (nell’estate del 2018, all’indomani della formazione del governo gialloverde), firmava un interessante editoriale dal titolo «Perché ha senso Meloni premier».

Sempre ieri, ma sul Corriere della sera, lo storico liberale Ernesto Galli della Loggia – che il suo endorsement per Giorgia Meloni lo aveva già fatto il 28 marzo in un immaginifico articolo dal titolo: «La destra moderna che serve al paese» – passava direttamente al merito di una delle battaglie maggiormente sentite dai moderni Fratelli d’Italia, e spiegava che quella dello ius culturae non era affatto una buona idea.

Il giorno prima, durante Quarta Repubblica, talk show di prima serata condotto dal giornalista liberale Nicola Porro su Retequattro, il sociologo liberale Luca Ricolfi, presidente della fondazione Hume, dichiarava di essere in «grandissimo imbarazzo e sofferenza», di fronte al dibattito sulla legge Zan. E così spiegava le ragioni del suo dolore: «Perché io sono una persona culturalmente di sinistra, cioè vengo di lì, sono tuttora collocato lì e sono stato abituato tutta la mia vita a pensare che la censura tendenzialmente è una cosa di destra, perché è stato così nel nostro paese. E invece sono costretto a constatare che la censura è passata da destra a sinistra. E simmetricamente la libertà di pensiero è migrata da sinistra a destra».

Evidentemente, non solo la libertà di pensiero. Ma anche questo è un fenomeno di più lunga durata. Di sicuro, comunque, secondo Ricolfi il problema è ben più antico della legge Zan. Ed è, testualmente, il seguente: «Oggi le idee costituite, le idee vincenti, sono quelle dell’establishment, l’establishment è di sinistra e la sua idea dominante è il politicamente corretto, e quindi diventa anche abbastanza naturale per un sociologo, anche se triste per me, osservare che l’operazione di imposizione a tutta la società del politicamente corretto è un’operazione che conduce la sinistra».

Resta un mistero, almeno per me, come una simile constatazione possa essere addirittura naturale per un sociologo, un ragioniere o anche un fruttivendolo, nel paese in cui il partito più votato alle ultime politiche, il Movimento 5 stelle, è nato in una cerimonia chiamata «Vaffa Day», il primo attualmente in cima ai sondaggi, la Lega, è guidato da un virtuoso dell’eufemismo del calibro di Matteo Salvini – del quale non credo occorrano citazioni – mentre la destra più «moderna» (Galli della Loggia) e «rassicurante» (Orsina) agita fosche cospirazioni del finanziere ebreo George Soros chiamandolo «usuraio».

Meno misterioso è perché i partiti populisti e illiberali abbiano da noi tanto successo, se qui persino i liberali fanno proprio il linguaggio, il lessico, diciamo pure la propaganda più tipica delle demokrature dell’Europa orientale.

Ancora più illuminante, da questo punto di vista, l’argomentazione di Galli della Loggia, che per prendersela con lo ius culturae trae spunto da un articolo del Fatto quotidiano in cui Gad Lerner raccontava di aver sentito immigrati di seconda generazione (bruttissima espressione, peraltro) gridare insulti contro gli ebrei nelle manifestazioni a favore della Palestina.

Di qui l’implacabile sillogismo: «Immigrati di seconda generazione, dunque nati in Italia. Dunque giovani che verosimilmente hanno seguito un ciclo scolastico o più d’uno nelle scuole italiane».

Ergo «l’influenza dell’ambiente familiare e religioso, di chi parla la medesima lingua materna, della tradizione, conta più di qualche migliaio di ore di lezione». E questo perché, tenetevi forte: «Tra l’illuminismo e l’identità, rassegniamoci, quasi sempre vince l’identità». Dunque, sembrerebbe di capire, per il vero liberale, seppur rassegnato, meglio tornare al Medioevo: dove nasci, lì resti, e non c’è pubblica istruzione, formazione, cultura che possa farci niente.

Del resto, se questi sono i discorsi dei nostri massimi intellettuali, verrebbe quasi voglia di dargli ragione.

Da Linkiesta

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