La battaglia dei sudtirolesi per cancellare i toponimi italiani

sudtirolo-non-è-italia-300x200La vicenda è esemplare per inquadrare la situazione delirante di questa delirante Repubblica.

La Provincia di Bolzano ha nei mesi scorsi deciso di abolire i toponimi italiani che non hanno una giustificazione storica ma che sono stati frutto delle fantasiose e perverse invenzioni di Ettore Tolomei, l’italianizzatore del Sud Tirolo, quello che sosteneva che gli autoctoni erano gli eredi di una legione romana dispersa fra le montagne e che Innsbruck avrebbe dovuto essere ribattezzata Enaponte.

La legge non tocca i nomi di località stabilizzati ed entrati nell’uso corrente ma solo toponimi riferiti a elementi naturali minori e a insediamenti marginali che non hanno mai avuto una versione italiana prima delle strabilianti trovate e traduzioni del camerata Tolomei.

La cosa ha naturalmente suscitato l’indignazione dei patrioti tricolori locali che avevano convinto il governo Monti a fare ricorso niente di meno che alla Corte Costituzionale per fare annullare la decisione provinciale (n.15 del 2012).

Per evitare che la vicenda possa andare per le lunghe con grave danno per la dignità dell’Italia una e indivisibile, giorni fa la deputata Giorgia Meloni ha presentato, assieme ad altri ardenti patrioti di “Fratelli d’Italia”, una mozione per impegnare il governo Letta a sostenere la giusta causa presso la Corte. Nel dibattito che ne è seguito alla Camera dei Deputati si è creato uno strano pasticcio di alleanze che merita un po’ di attenzione.

A favore della mozione si sono espressi con vibrati accenti risorgimentali quasi tutti i partiti, dai veteropatrioti (Fratelli e Pdl), fino ai neopatrioti tricolornariciuti del Pd. Hanno tenuto un imbarazzante silenzio i cinquestelle che anche su questo argomento dimostrano di avere le idee poco chiare: un vuoto cerebrale che non ha impedito loro di votare con la maggioranza. La mozione è così passata plebiscitariamente con 440 voti contro 73. È divertente andare a vedere chi è andato in minoranza.

A favore dei sudtirolesi hanno votato i sudtirolesi stessi (ci mancava…), il gruppo di Sel (a prova che qualche rimasuglio degli antichi bollori autonomisti è rimasto anche a sinistra), quello LNA (Lega Nord e Autonomie, che si è fatto opportunamente rappresentare dal valdostano Rudi Franco Marguerettaz per evitare figuracce) e Scelta Civica. È quest’ultima presa di posizione a risultare piuttosto curiosa, sia perché era stato proprio Monti a presentare il ricorso alla Corte Costituzionale e perché costoro non avevano mai dato prima alcun segno di attenzione per le autonomie.

La dichiarazione di voto è stata fatta dal trentino Dellai, che ha un personale curriculum colmo di localismo ma anche di connivenze centraliste. La vicenda serve a ricordare che su temi di vero e concreto autonomismo si possono anche spezzare consolidati schemi di alleanze e sollecitare adesioni in tutti i settori della pubblica opinione e della politica. Occorre però farlo su salde basi culturali e con la credibilità che viene da anni e anni di lotta e di coerenza.

Una coerenza che i sudtirolesi hanno quasi sempre mostrato almeno sui temi fondamentali dell’autonomia e che molti altri invece frequentano con difficoltà e discontinuità.

Il giorno 17 luglio la Lega votava giustamente a favore dell’iniziativa sudtirolese e già tre giorni dopo, il 20 luglio, il suo capogruppo Bitonci riversava al Senato vibrate e accorate sbrodolate di patriottismo concionando ispirato di “nostro Paese” e di “nostri marò”, impiegando con baldanza dei possessivi che lui ha scelto per sé ma che sicuramente non riguardano chi lo ha eletto e il Paese (quello davvero “nostro”) per la cui indipendenza è pagato per battersi.

Autonomisti fai da te: ahi, ahi, ahi!

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