La Sicilia sarà pure un laboratorio politico, ma non è certo assimilabile all’Italia, è un laboratorio locale, dove si confondono pupi e pupari, dove la mafia si fa Stato, dove il trasformismo è normalità, dove la moralità è sempre richiesta agli altri. Insomma, terra di vicerè e di gattopardi, di finti cambiamenti e di potere immarcescibile, di primavere che sfioriscono presto. Il risultato delle ultime elezioni non ci porta a cambiare opinione. Il centro-destra ha vinto, come accade sempre quando si presenta unito, è stato eletto un ex fascista, ma essendo ormai sdoganati da decenni, è come dire che è stato eletto un ex comunista, dicono che sia onesto e lui garantisce che sarà serio, dobbiamo dargli, per il momento credito. La Sicilia sforna anche politici di vaglia: le prime due cariche dello Stato, Mattarella e Grasso, sono siciliani. La Meloni dice che ha vinto la destra, è una balla, ha vinto il corpaccione centrista che da sempre governa l’isola, se si sommano i voti di: Forza Italia, lombardiani e Udc, si arriva al 30%, contro il 5% di Meloni-Salvini. Hanno fatto benino i 5 Stelle, perchè il loro candidato ha fatto benissimo, mentre il Movimento arriva al 27%, che alle politiche non garantisce nulla. La sinistra esce male, ma non più del solito, la volta precedente, con Crocetta, aveva vinto per le divisioni del centrodestra e grazie ai voti dei centristi, impresentabili compresi, che sono tornati a destra, resta da dire che la sinistra ha comunque governato malissimo e avrebbe dovuto prendere anche meno. Vincono i soliti noti, il Pd va bene ad Enna, patria del ras Crisafulli, ha in un giovane dentista di Catania il recordman di preferenze, si tratta di un ex Udc, con alle spalle una potente famiglia della sanità. In Forza Italia spicca la stella del ventenne Genovese, figlio dell’ex deputato del Pd Francantonio e nipote del potente ex ministro Dc Nino Gullotti, un giovane va da destra a sinistra, un altro da sinistra a destra, non fa nessun record invece il figlio di Latorre. A margine del voto siciliano, va in scena l’opera buffa del dibattito Di Maio- Renzi, il giovane aspirante leader grillino, prima lancia il guanto di sfida, poi gli spiegano che così offre a Renzi un’arma di distrazione di massa dalla sconfitta siciliana, allora si sfila, fugge secondo Renzi, che di fughe si intende, essendo scappato dalla Sicilia non appena indette le elezioni. Pupi che pensano di essere pupari. Restano i problemi: un’isola sull’orlo del fallimento, piena di debiti, miseria e povertà, ma questo non viene rappresentato nel teatro della politica. Insomma, dopo il voto siciliano, tutti hanno un motivo per dire di essere andati bene, ma in realtà hanno perso tutti, o meglio, noi abbiamo perso, il potere marcio e immobile, no.
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