In memoria di Giulio Andreotti

24638833 andeotti-divo-belzeb-mezzo-secolo-di-potere-0Personalmente non ho mai avuto rapporti diretti con Giulio Andreotti, se non fugaci strette di mano e poche battute in occasione di Feste dell’Amicizia o Convegni della DC, anche perchè non ho mai bazzicato molto Piazza del Gesù nella mia carriera di eletto a consigliere DC sia in sede locale che regionale.

Ricordo in particolare che, viste le lusinghiere recensioni di un mio volumetto, uscito nel 1992 dal titolo ” Mondo Cattolico e Democrazia Cristiana“, apparse, su Avvenire, Il Popolo e altre riviste cattoliche, mi mandò un bigliettino di complimenti, manifestando la curiosità di poterlo leggere, dandomene poi un simpatico riscontro.

A mio avviso non c’è stato nella nostra storia repubblicana un esponente politico che abbia sempre manifestato nei fatti, non a parole, una profonda attenzione, per non dire rispetto, verso le istituzioni parlamentari come Giulio Andreotti.

Da deputato o da senatore o da membro del governo non mancava mai ai suoi impegni in aula con una presenza assidua, costante , quasi puntigliosa a tutte le sedute, anche quelle dedicate a questioni apparentemente di poco conto (cosa che tutti i leaders della ” seconda repubblica” di sinistra o di destra si sono ben guardati di fare!)

Per questo è apparso ancora più volgare e inaccettabile il comportamento chiassoso di una minoranza, come quella teleguidata di M5S, che al Senato ha colto l’occasione per inscenare una contestazione, poi precipitosamente fatta rientrare dagli stessi promotori resisi conto di aver fatto una stupidata. Fosse stato presente l’interessato siamo certi non avrebbe mosso un dito e neppure un muscolo della faccia di fronte a tanto futile scalmanare. Ben altre sono state le battaglie, parlamentari e non, che lo hanno visto invece protagonista, battaglie durissime che ebbero come posta in gioco non qualche twitt più o meno brillante da passare a giornalisti compiacenti per una pronta utilizzazione mediatica, ma i destini e le sorti della nostra democrazia e in certi drammatici frangenti dell’intero Occidente.

Richiamo quest’aspetto della vicenda politica di Andreotti perché troppo spesso nel delineare la sua figura si privilegia la dimensione del pragmatismo e del calcolo e si dimentica altrettanto spesso che Andreotti nel corso della sua eccezionale longevità politica ha attraversato momenti nei quali le decisioni da assumere erano straordinariamente dure, dalle conseguenze imprevedibili: il ’48, la scelta atlantica, l’apertura a sinistra, il terrorismo, la tragedia di Moro, l’Europa dal trattato di Roma a Maastricht, l’istallazione dei missili antisovietici, il Medio-Oriente e l’elenco è ampiamente lacunoso.Vicende tutte che Andreotti ha vissuto in prima persona, senza defilarsi di fronte a responsabilità che comportavano anche rischi personali e non solo politici. Anche nei rapporti con l’America, ne sa qualcosa Kissinger, lungi dall’essere prono ad ogni richiesta seppe dire di no quando riteneva che l’alleato sbagliasse senza con questo intaccare la solidità di una alleanza così preziosa per la libertà dell’Occidente.

Quello che per i suoi avversari- interni o esterni al partito – era espressione di cinismo e di attaccamento morboso al potere, per altri era dimostrazione di saldezza di convinzioni e di coerenza nel perseguire un obiettivo. Contrariamente a quanto si è pensato e detto, la presenza di Giulio Andreotti nella storia e nella vicenda interna del partito della Democrazia Cristiana non fu invasiva e ancor meno egemonica.

Non ambì mai a cariche importanti di partito e una volta, richiesto di assumere la carica di segretario, riconobbe in pubblico che si riteneva inadatto a farlo.Quando il confronto interno si faceva aspro, Andreotti preferiva affidarsi alla virtù della pazienza e al lavorio diplomatico per appianare le divergenze anziché accentuarle e per questa innata inclinazione a usare l’arma della ironia e della battuta fulminante, anche nei momenti più tesi, finiva con l’essere l’uomo di riferimento, apprezzato per la capacità di mediazione.

E’ cio traspariva dai suoi editoriali del quindicinale di informazione politica ” Concretezza “, che fondò nel 1955 con i tipi dell’Editore Rizzoli e che cessò le pubblicazioni nel 1976. L’accusa di collusione con la mafia fu il colpo più terribile che ebbe a subire e che gli fece cambiare strategia e non ebbe esitazione a sollecitare pubblicamente la magistratura perché procedesse quanto più spedita possibile onde consentirgli di difendersi contro un’accusa che considerava infamante e intollerabile dichiarandosi preoccupato di morire prima della conclusione del processo.

E alla fine ha avuto ragione ancora lui- come ha detto in questi giorni il suo (allora giovane) avvocato difensore, la ex- deputata Giulia Bongiorno, anche se tutta la vicenda ha finito per logorarlo fisicamente ma non solo. Molte reazioni alla notizia della sua morte testimoniano il permanere di un pregiudizio oramai fortemente radicato

Diceva il filosofo Bacone: Calunnia con forza e qualcosa rimarrà attaccato; ed è quanto è avvenuto negli ultimi decenni.

Siamo convinti che il giudizio della Storia, come ha detto, con rispetto, il Presidente Napolitano, sarà verso Andreotti più generoso rispetto a quello dei contemporanei, come spesso accade quando si è vissuto una vita non banale. Giulio Andreotti più che del potere era appassionato della politica al punto di non poterne fare a meno anche quando il potere non c’era più. Anche allora, come s’è ricordato prima, Giulio Andreotti ha continuato a presenziare, finché la salute lo ha sorretto, ad ogni seduta di Aula e di Commissione portando con schiettezza e intelligenza il suo contributo, senza far pesare i titoli di merito che pure aveva acquisito in tanti anni di impegno politico. In questo, indiscutibilmente un esempio per tutti i parlamentari, giovani e vecchi, della nostra Repubblica, che forse ne hanno tanto bisogno!

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