Un pericolo della società occidentale e di quella parte di mondo che ha conosciuto un benessere diffuso negli ultimi decenni, è quello di un lento (o rapido) sgretolarsi della forza di volontà.
Per le generazioni passate, da quella dei nonni a tutte le precedenti, vissute attraverso guerre, fame, e altre mille difficoltà che chi oggi vive alla luce dell’esplosione scientifico-tecnologica dell’ultimo trentennio nemmeno riesce ad immaginare, era la sopravvivenza stessa a richiedere un quotidiano e continuo sforzo di volontà.
Ma che cos’è in soldoni la volontà? Non è altro che la capacità di sottoporsi a sforzi, o vissuti generalmente sgradevoli, per lassi di tempo prolungati. Il contrario dell’esercitare la volontà è invece avere accesso ad una gratificazione o ad un sollievo istantanei.
Mai come oggi siamo abituati ad avere accesso a forme di gratificazione istantanea. Un like o un messaggio sul social media (studiato appositamente per stimolare dopamina e darci gratificazioni istantanee), la possibilità di ascoltare la canzone che desideriamo, nel momento in cui la desideriamo, magari mentre andiamo a correre (pensate a cosa voleva dire ascoltare musica su un giradischi…), mangiare il cibo che vogliamo quando vogliamo, magari portato comodamente a casa con una app, e via dicendo.
Ora, se questi sono tutti elementi positivi, che hanno indubbiamente reso le nostre vite più agiate, più libere dalla sofferenza, meno tormentate, ed è proprio questa la finalità ultima delle società e dell’agire umano in generale, esiste tuttavia anche un rovescio della medaglia.
Se possiamo in qualsiasi momento interrompere lo studio, per vedere un video su youtube, sospendere un’ attività sgradevole per ordinare un dolce a domicilio, interrompere l’ascolto di qualcuno per ascoltare una canzone, troncare un rapporto che magari si è fatto complicato in un momento, per lanciarci su una app di incontri, e gli esempi possono essere mille, ecco che si rischia di non trovare contesti in cui sviluppare poi quella capacità psicologica di tollerare per periodi di tempo prolungati sensazioni di sforzo, sgradevoli, ossia proprio quella forza di volontà che invece ha contraddistinto prima di tutto le generazioni passate e che ci ha condotto a sviluppare tutto quanto oggi troviamo nella nostra civiltà.
Avendo modo di vedere sia la civiltà asiatica, coi suoi valori, che esce dalla povertà e va verso il benessere, in alcune aree più lentamente, in altre già in modo assai marcato, e paragonandola all’occidente che invece ha già conosciuto uno stato più avanzato di questa curva, penso che l’annichilimento della volontà possa rappresentare il principale rischio a Ovest.
Per uno sviluppo equilibrato ma anche sostenibile credo sia necessario, mentre si raccolgono i frutti positivi del benessere e della modernità, essere consapevoli delle ricadute psicologiche e sviluppare in modo programmatico contesti in cui crescere le risorse mentali, la volontà per prima, al fine di non cadere in questa trappola. In Thailandia ad esempio fin da bambini insegnano nelle scuole la meditazione, iniziativa ora ripresa anche in varie nazioni occidentali. La meditazione rappresenta certamente uno strumento estremamente idoneo, che io raccomando specialmente in forma di ritiri, come quelli di meditazione Vipassana, ad esempio, dove la capacità di tollerare sensazioni mentali o corporee più o meno gradevoli mantenendo una mente salda viene coltivata attraverso dieci giorni di silenzio e pratica intensa. Uno strumento straordinario nello sviluppare quella volontà che venga in soccorso poi sia sul lavoro, che nello studio, che nella vita in generale quando si incontrino fasi difficili.
Ma si potrebbero recuperare anche strumenti già radicati nella tradizione di un popolo, per l’Italia ad esempio lo sport, rispolverandone però i valori originali, senza pensarlo come un business che ormai spesso è diventato, già dai livelli giovanili. Sentivo un’ intervista di Maldini, giocatore di altri tempi e anche di un calcio diverso da quello odierno, raccontare come il calcio lo abbia formato tantissimo prima di tutto come uomo, insegnandogli fin da giovanissimo a non pensare solo a se stesso ma a un contesto di gruppo, a darsi obiettivi, convivere con persone di estrazioni diverse, fare sacrifici, passare attraverso le sconfitte (Maldini ricorda di essere stato uno dei giocatori più vincenti ma anche più perdenti, ripensando alle tante finali giocate, a sottolineare come la sconfitta sia un compagno di viaggio costante anche dei campioni), e tutto quanto lo sport comporta.
Altrimenti si rischia di crescere un popolo, e non parlo solo di nuove generazioni, sempre più “entitled” come si dice in inglese, ossia che pensa gli sia tutto dovuto. Invece la vita, occorre non dimenticarlo, è una lotta per la sopravvivenza, dove di dovuto non esiste nulla. Come ha detto Piero Angela in una intervista, oggi si parla sempre di diritti ma poco di doveri, mentre quando era ragazzino c’erano tanti doveri, e si pensava poco ad avere “diritto” a qualcosa. Lungi da me criticare le conquiste democratiche ottenute nei decenni, ma occorre ricordare che per essere davvero liberi, non basta solo la libertà esterna ottenuta magari con battaglie per la democrazia, ma anche una libertà interiore.
E senza una grande forza di volontà con cui saper affrontare anche le sfide più difficili, con fiducia nella forza del nostro spirito, nella vita non saremo mai davvero liberi.
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