Andrea Costa, segretario del Pd di Reggio Emilia e sindaco di Luzzara, ha emanato un’ ordinanza che vieta l’odio. La delibera fa divieto di manifestare rabbia, cattiveria, rancore con atti fisici e verbali tesi a recare offesa a singoli o gruppi. Il sindaco-segretario fa discendere la delibera comunale dalla Costituzione Italiana, dalla dichiarazione dei diritti universali, dalla carta dei diritti della UE, ma guarda anche alla rivoluzione francese e più indietro ancora alle lettere di San Paolo. Entusiasta, la Gazzetta di Reggio sottotitola: il sindaco Costa vieta l’odio, anche in rete. Certo queste festività sono da ricordare per i miracoli che ci hanno portato: prima il ministro Di Maio ha abolito la povertà, ora il sindaco Costa abolisce l’odio, detta semplicemente, la cattiveria, che è miracolo ben più grande di quello di Di Maio, infatti col trionfo della bontà verrebbe sconfitta anche la povertà. Costa, sia detto senza ironia, uno dei migliori dirigenti del Pd, si iscrive nel solco di santi e grandi uomini, come San Filippo Neri, fiorentino ma non renziano, il santo del “state buoni se potete” e del Pontefice Francesco “non abbiate paura della bontà”. Il sindaco la definisce una sfida culturale e anche una provocazione, una sfida supponiamo al cattivo per antonomasia, il ministro Salvini. Per Costa infatti il decreto sicurezza è paragonabile alle leggi razziali e pertanto non può essere disapplicato, va solo abrogato. Preoccupazione legittima visto che sulle leggi razziali i disapplicatori furono molti di meno, di quelli che si scoprirono partigiani e ancor meno di quelli che si scoprirono progressisti. Come ogni ordinanza, anche questa prevede denunce, da parte dei vigili urbani, ma anche dei semplici cittadini, chiamati a formare una sorta di ronda della bontà e per questo assolti dal sospetto di essere delatori in stile dittatura comunista. L ‘ordinanza prevede anche sanzioni, supponiamo comminate da un tribunale del popolo o da giudici monocratici: il sindaco, l’assessore alla sicurezza, trasformato in assessore alla bontà, il comandante dei vigili urbani. Sia i tribunali popolari che quelli monocratici, ricordano le dittature comuniste, ma solo per assonanza, quelle erano cattive. Le pene sono varie, dall’obbligo di vedere un film buonista come “La vita è bella” di Benigni o leggere un libro sofferto come “Se questo è un uomo” di Levi ,per cattivi di tendenza fascista, o “il razzismo spiegato a mia figlia” di Ben Jallud, per quelli di tendenza ovviamente razzista. Sono previste, supponiamo per i recidivi, visite ai campi di concentramento di Fossoli e al museo Cervi, mentre per i casi gravissimi è previsto di assistere in successione alla rappresentazione dell’Edipo re e della Medea. Possono esservi infine condanne ai servizi sociali, che, come la confessione mondano tutti i peccati, come già accaduto con l’ex premier Berlusconi. Diciamo che è la miglior idea prodotta dal Pd in tutta Italia, perché ha il merito di definire il campo: buonisti a sinistra, contro cattivisti giallo-verdi a destra, ma forse anche perché è l’unica, visto che si iscrive nel solco della contestazione al decreto sicurezza e fa chiarezza. I buoni vogliono che gli immigrati vengano sempre fatti entrare, sempre gestiti a spese degli italiani, i cattivi disumanamente dicono di no. Però poiché nessuno è senza peccato, anche il nostro sindaco era stato sopraffatto da rabbia e rancore ed avevo twittato, che Salvini è un coglione e che il governo era composto da pazzi, da rinchiudere, tesi che potrebbero pure essere vere, ma sostenute con rabbioso empirismo. Del resto è certo che non tutti i pazzi stanno dentro e non tutti i savi stanno fuori. Del resto alcuni dei sentimenti che si vogliono combattere hanno una loro dignità, come la rabbia di quegli italiani che restano fuori dalla porta del turbocapitalismo, tanto amato dai buonisti. Un popolo di dimenticati, con meno servizi e meno speranze, che paga le utenze di chi non le paga, che viene scavalcato nelle graduatorie per la scuola e la casa, che trova Pronti Soccorsi intasati, che quando reclama un diritto, gli viene detto di mettersi in fila, ma se riceve una multa la deve pagare subito. Per loro la rabbia è un sentimento nobile, si sarebbe detto a sinistra, rivoluzionario. Persino le loro paure e il rancore verso chi arriva non invitato alla mensa e costa di sola accoglienza un 5 miliardi, al netto della sanità e delle spese dei comuni, circa il valore del reddito di cittadinanza, sono da capire. Sanno che il cibo sulla mensa non è infinito e neppure i vescovi italiani sono mai riusciti a moltiplicare i pani e i pesci e come le poesie, anche i loro sermoni non danno pane. E siccome la solidarietà costa, i ricchi danno solo denaro, attraverso le tasse, ma i poveri pagano molto di più attraverso i loro quotidiani sacrifici e se il decreto sicurezza rende invisibili i clandestini, per molti italiani c’è il problema di non essere mai usciti dall’invisibilità.
Non possiamo obbligare le persone ad essere samaritani, è una pretesa che non ha neppure il buon Dio e siccome non crediamo alla finta bontà, dobbiamo parafrasare Oscar Wilde e prendere atto di quanto è sbalorditiva la stupidità di un certo buonismo.