E Renzi che va e ritorna il sereno. Questo canta l’onorevole Bettini, il Gianni Letta dell’evanescente Zingaretti, in una intervista a Sky, in cui conferma che Conte è l’architrave della nuova sinistra, che il discorso con Renzi è chiuso, non coi suoi deputati e soprattutto coi suoi senatori, che servono a blindare il Conte Ter. Ora ci vuole un po’ di tempo, la pesca dei voltagabbana non si è rivelata miracolosa, sono arrivate da Forza Italia, che è sempre il ventre molle del centro-destra, la moglie di Mastella, l’uomo che da ministro del governo Berlusconi si fece ministro del governo Prodi, poi la senatrice Rossi, già badante dello psiconano, definizione di Beppe Grillo, al secolo Silvio Berlusconi ed ora probabile Dolores Ibarruri della nuova sinistra contiana. Quello della pasionaria rivoluzionaria è un ruolo che le viene conteso dalla Polverini, che avendo già il braccio teso, le è bastato chiudere il pugno per passare da An al contismo. Infine è arrivato il classico Tarzan del trasformismo, Andrea Causin, democristiano, poi consigliere regionale del Pd, passato con Monti, poi emigrato in Forza Italia ed ora folgorato da Conte, in cambio di una nuova candidatura. Oltre a questo quota 156 è stata raggiunta con il recupero di molti grillini espulsi, che da indegni, si sono ritrovati costruttori, senza doversi mettere in pari coi versamenti. Infine sono arrivati i tre senatori a vita, tutto legittimo, anche se questo istituto è un po’ anacronistico. La battaglia è stata confusa e non si capisce ancora bene chi ha vinto o perso. Azzardando un pronostico ha perso Renzi, che per salvarsi dovrebbe tenere tutti i suoi 17 senatori, comprese la Vono e la Conzatti, già emigrate da 5 stelle e Forza Italia. Per ora ha perso solo Nencini, ultimo socialista, ma questo potrebbe costargli il gruppo autonomo e il doversi rifugiare nel gruppo misto, insieme a Leu, il che è tutto dire. Ha vinto a metà Conte che ora può completare la campagna acquisti e cambiare per la terza volta la maggioranza, ma ha il solito problema, ancor più acuito, dura se fa poco, non certo se si avventura in patti di legislatura o riforme serie. Ha vinto il Pd, che porta a casa quello che voleva ed ha eliminato Renzi. Ora però deve stare attento, perché se non passa di corsa all’incasso, arrivato a 161 voti, il Conte Casalino, li metterà nuovamente nel sacco ed il prezzo da pagare potrebbe rilevarsi alto. Però ormai quel gruppo dirigente capisce solo il potere e non crediamo avranno sussulti di dignità e responsabilità. Il centro-destra non ha toccato palla, ha perso poco, ma in futuro è il donatore di sangue più credibile per tenere in vita Conte. Dovevano giocare la carta di un governo istituzionale era l’unico modo per stare in partita, ma dispiace dirlo con le durezze della Meloni ed i deliri di Borghi e Bagnai, non solo non si governa, ma non si va neppure al governo. E’ evidente che se passa il proporzionale, nascerà, sulle ceneri di Forza Italia un partito di centro, che sarà l’arbitro dei futuri governi e anche con un robusto 40% Lega e Fratelli D’Italia resteranno marginali. Basta sommare a spanne i voti di quell’area: Calenda 3%, Renzi 3%, Bonino 1%, Toti 1% Udc 1%, fa nove punti senza contare il contributo di parte di Forza Italia. Tutto questo riguarda il domani
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