In un programma di governo serio, in momenti come questi, bisogna fornire servizi e ridurre il deficit.
I fondi per i servizi devono venire dalla spesa corrente e quindi bisogna attuare una seria spending rewiew.
Questo vuol dire metter mano ai costi della politica e contorno.
Quindi riformare il Parlamento, mettere dei tetti agli stipendi pubblici, ridurre al massimo le consulenze.Poi prendere in considerazione i vari capitoli di spesa e trovare una riduzione dei costi tale da poter finanziare i servizi.
Ad esempio, una ristrutturazione della spesa medica deve produrre servizi equiparabili a quella dei paesi che spendono tanto come noi. Non è difficile, bisogna accorpare i medici di famiglia, chiudere gli ospedali inefficienti, dimezzare il numero dei Primari (sono come le Province, continuano a crescere ad ogni “necessità” di collocamento). Abbattere la burocrazia di contorno esterna (USL) ed interna (uffici e ufficietti, segreterie e contabilità del nulla).
E così si potrebbe fare per la scuola e finalmente trovare i soldi per la ricerca, che ora si disperdono nella continua apertura di sedi distaccate di Università (ormai ogni città ha una qualche facoltà), ma questo comporta sedi, bidelli, docenti, magari per quattro gatti. Date il viaggio gratuito agli studenti, mettete in rete le lezioni, fate fissare appuntamenti con professori e assistenti telematicamente e vi troverete un fiume di denaro da spendere nella ricerca.
Con i mezzi attuali, aprire nuove sedi è una follia economica che si mangia tutte le risorse dedicate. Mandate a stendere i mille editori che campano di libri di testo, aggiornate dei moduli elettronici dove alla fine di ogni capitolo si deve rispondere ad una serie di domande per accedere a quello seguente. Sì, c’è già nei libri, ma perché disboscare foreste e tasche dei genitori quando tutto serve a mantenere 5000 persone che caparbiamente hanno voluto vivere di un privilegio? In un programma in tempi di guerra (perché siamo in guerra, non dimenticatevelo) mettere fiori nei cannoni farà anche molto vintage, ma è poco efficace.
Dovevamo pensarci quando eravamo occupati a farci derubare, magari applaudendo pure. Per quanto riguarda l’abbattimento del debito, si dovrà procedere con tasse speciali o con prestiti forzosi.
È dura da ingoiare, lo so, ma se si vuole dare uno straccio di futuro a questo paese, tante altre alternative non se ne vedono. Di certo però non è un’ alternativa chiedere il rinnovo di contratti laddove almeno il 20% dovrebbe andare a casa, e se non lo si vuole fare, si vada ad un abbattimento proporzionale dello stipendio, lasciando un minimo garantito.
Non è neppure un’alternativa dire che non si possono toccare gli stipendi pubblici perché sarebbe una disparità nei confronti dei privati. Come se non fosse una disparità la sicurezza o meno del posto di lavoro. Non è sicuramente un’alternativa rimandare sempre a dopo quello che si deve tagliare e neppure far andare anche le entrate straordinarie nella spesa corrente.
Neppure ridurre le tasse è un’alternativa: anche se non ci fossero, non nascerebbero posti di lavoro. Questi nascono dalla competenza dei lavoratori, dalla certezza del diritto e dalla leggerezza della burocrazia. Lo dimostra la Svizzera che ha costi doppi dei nostri e tassazioni non molto inferiori. Ma siamo sempre lì, tutti i partiti sono a dare fumose formule e a tirare a campare, finchè c’è vita (fessi che li votano) c’è speranza (soldini).
Chiedete un programma in dieci punti e ogni punto in dieci righe e che in quelle righe ci siano tanti numeri e tante date.
Ricordate che qualcuno firmò un patto con gli italiani così breve e conciso che per alcuni fu onorato e per altri disatteso; qualcun altro lo fece di 389 pagine che mai nessuno lesse e che sarebbero dovute servire per tenere insieme pecore e lupi. In entrambi i casi sappiamo come è andata a finire.
MALE.
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