Il Problema non è il Referendum

problemaPoco tempo fa scrivevamo che il governo Renzi aveva cambiato verso, effettuando su Mps una inversione ad U, che aveva portato al licenziamento dell’Ad Viola e al conseguente abbandono del presidente Tononi. Il licenziamento di Viola era avvenuto attraverso un’ irrituale telefonata del ministro del tesoro Padoan, azionista della banca, ancora privata, con un modesto 4%. Al posto di Viola avevamo avuto il ritorno di Morelli, già direttore finanziario all’epoca dell’acquisto di Antonveneta. Tutti volevano farci credere che il Morelli non sapesse nulla dei fatti accaduti all’epoca, ma il gioco è durato poco, né si poteva credere che l’uomo voluto dagli advisor di JP Morgan fosse un, ci si passi il termine, “tonto” che non aveva visto né sentito, certamente non ha parlato. Ora il problema non è Morelli, ma l’aria di silenzi, sospette verità e ambiguità che circonda la vicenda di MPS. Non sappiamo, come scrive De Bortoli, se vi sia stantio odore di massoneria, ma che la vicenda non profumi e che in molti cerchino di metterci il coperchio sopra, è evidente. Le ragioni? Era la Banca del PD in tutte le sue declinazioni, a giudicare dal licenziamento di Viola è la ancora la Banca del governo e il governo è del Pd a meno che non si voglia credere che ministri come Galletti e Giannini siano poco più che ombre, come scriverebbe lo scomparso Fortebraccio, quando si apre la portiera della loro auto blu, non si vede scendere nessuno. Soprattutto Mps era la Banca del Pd toscano e pure dei sui alleati toscani ed ora i toscani sono il potere assoluto, anche se sfregiati dal fallimento di Banca Etruria. A onor del vero, è fallita anche la Cassa di Ferrara ma il ras di quella Città, Franceschini, si è mosso come sempre al coperto. Ora il boss di JP Morgan, Dimon, accompagnato dal consulente Tony Blair, ha convinto Renzi che loro riusciranno a chiudere il tombino senza che il governo salti per aria, per questa ragione sono stati licenziati gli svizzeri di UBS oggi dietro ai tentativi di Corrado Passera. JP Morgan aveva già suggerito di modificare in senso presidenziali le costituzioni dei paese mediterranei, in primis Italia e Spagna, troppo assemblearismo, troppa democrazia nuociono agli affari e soprattutto ai padroni degli affari. Ora, salvo una difficile vittoria del no, il progetto di Dimon si sta realizzando, anche se in maniera tortuosa, all’italiana. Resta la vicenda MPS: delle indagini non si sa nulla, non è uscita una intercettazione e come nei migliori gialli ancora non si sa se il dirigente Rossi si è suicidato o no, una discrezione rara nelle indagini italiane, dove le carte finiscono sui giornali, prima che nelle mani degli interessati. Nel mentre il problema Mps, da urgentissimo è finito a dopo il referendum, in attesa che una parte del piano JP Morgan si realizzi, in fondo gli italiani si incazzano poco se gli cambi la Costituzione, ma molto se gli sfili 5 miliardi di obbligazioni subordinate. Però il pollo è più facile trovarlo in politica che nel mondo degli affari, così JP Morgan non è ancora riuscita a rifilare il Montepacchi a nessuno, o meglio, nel salvataggio di Etruria e delle sue sorelle le banche italiane “sane” hanno donato 7 miliardi, danneggiando al momento i loro azionisti e preparandole a chiedere altro denaro, non si sa a chi. Secondo Padoan e Renzi il sistema bancario è solido, il pacco lo rifileremo agli italiani e tra due anni spezzeremo le reni alla Germania. Con questa Costituzione abbiamo vinto l’Oscar della lira e ora stiamo vincendo quello del debito. Che sia un problema di Costituzione o di classe politica? Perché se il problema fosse la seconda, serve a poco cambiare la prima.

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